giovedì 19 marzo 2020

Recensione: L’educazione di un fascista


"L’educazione di un fascista”, di Paolo Berizzi, editore Feltrinelli, ISBN 978-88-07-17372-1.

Si tratta di un’indagine inquietante riguardante la tendenza crescente verso una progressiva “fascistizzazione” che sembra caratterizzare fasce sempre più ampie della popolazione a partire soprattutto dai giovanissimi.

Ho poco da aggiungere al mio giudizio su quest’opera, a parte il fatto di dire che il quadro disegnato dall'Autore mi appare, almeno a grandi linee, credibile.

C’è però un particolare legato al mio vissuto personale che mi impedisce di valutare correttamente parte del quadro presentato. In particolare, proprio in virtù della mia esperienza diretta faccio fatica a giudicare l’obiettività di quanto riportato nella prima parte del saggio: “L’arte della lotta”; anche perché sono rimasto sinceramente stupito di scoprire di conoscere (sarebbe meglio dire: di scoprire di aver conosciuto in passato!) almeno uno dei personaggi citati nel saggio.

Pratico un’arte marziale da più di trent'anni!
E, nella mia esperienza, che ha brevemente toccato anche l’agonismo (ma che si è interrotta circa 25 anni fa!), mi sono anche cimentato nei circuiti di gara del kung fu e della kick boxing che, all'epoca, includevano spesso i praticanti della muay tay.

Sono sempre stato orgoglioso di praticare la mia disciplina (che appartiene certamente e orgogliosamente al filone “delle arti marziali miste”) e a dividere la mia esperienza con praticanti di altre forme di quest’”arte” e, pertanto, trovo estremamente difficile ricollocare la mia esperienza nel quadro un po’ fosco tracciato dall'Autore.
Personalmente, non ho mai minimamente pensato ad abbinare pratica sportiva e politica, ne ho mai visto tali atteggiamenti messi in atto dai maestri che ho frequentato, ne ho mai notato che qualche praticante ostentasse le sue idee nonostante il fatto che, spesso, fossero ben note ad ognuno le rispettive ideologie e/o inclinazioni politiche. In palestra, al di là di qualche “sfottò” in periodi particolarmente “caldi” (ad esempio, prima o dopo le tornate elettorali) proprio di politica non si parlava e non si parla mai e questo senza nemmeno che esistano norme che prevengano tali tipi di discussione. Semplicemente, per come la vedo io, perché sul tatami tutto ciò non interessa a nessuno, in quanto, al di là delle differenze, su quel parterre siamo solo “noi”, gruppo di sportivi accomunati dalla medesima passione. Forse sono solo stato fortunato!

Detto ciò, che riassume la mia esperienza e che va detto a difesa del buon nome dei praticanti di tutte queste forme di sport, ritengo che il quadro tracciato dall'Autore possa essere considerato veritiero se applicato a certi contesti e luoghi specifici; forse più oggi rispetto a ieri; ed è anche innegabile come, purtroppo, questi sport attirino spesso anche una buona dose di esaltati e spostati. Ho sempre pensato che questo fosse, in fondo, inevitabile.

Dunque, “casco” dal proverbiale “pero” e prendo atto! Tutto ciò, senza contestare le argomentazioni dell’Autore, che mi sembrano basate su di un'esperienza e ricerche rigorose.

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