martedì 26 agosto 2014

Recensione: Diocleziano

“Diocleziano”, di Umberto Roberto, edizioni Salerno, ISBN: 978-88-8402-905-8.

Un bel saggio che riprende e valorizza la figura dell’imperatore romano Diocleziano (244 – 311 d.C.). Militare illirico di umili origini fu uno delle figure emergenti che scaturirono dalle riforme radicali messe in atto dall’imperatore Gallieno (218 – 268 d.C.) per fronteggiare la grave crisi politica e militare che caratterizzò la metà del terzo secolo.
Diocleziano cresce dunque alla “scuola” di Probo, uno dei cosiddetti “imperatori illirici”, tutti provenienti dai ranghi dell’esercito. Serve con valore sotto l’imperatore Caro presso il quale diventa comandante dei “protectores”, un corpo militare creato da Valeriano e Gallieno allo scopo di proteggere l’imperatore e coadiuvare l’attività dello stato maggiore. Nel 283 d.C. partecipa con Caro e con il figlio di questi, Numeriano, alla vittoriosa campagna contro l’impero sassanide nel corso della quale entrambi gli imperatori, in momenti successivi, trovano la morte. Nel 284 d.C., a seguito del decesso di Numeriano, a Nicomedia, l’esercito incorona Diocles imperatore (che assume il nome romanizzato di Diocleziano).
Diocleziano passerà la vita a difendere con successo i confini dell’impero contro i nemici esterni e a combatterne la frammentazione nei confronti di quelli interni. A questo scopo riformerà profondamente l’amministrazione  civile, militare e fiscale dell’impero. Dal punto di vista istituzionale cercherà di trovare una soluzione stabile al problema della successione degli imperatori cercando di porre un freno alla spirale di colpi di stato e guerre intestine che avevano caratterizzato il periodo precedente al suo lungo regno e che avevano permesso la sua stessa ascesa al soglio imperiale. A questo scopo istituirà il governo tetrarchico che prevedeva la condivisione del potere con un altro “Augusto”, figura teoricamente di pari rango al suo e la cooptazione di altri due “Cesari”, subordinati agli augusti e destinati a succedere a questi nel corso di un avvicendamento ventennale. Seguendo il principio meritocratico istituito da Gallieno, egli scelse queste figure fra militari capaci e fidati. Augusto d’Occidente divenne Massimiano, mentre furono nominati “Cesari” Costanzo Cloro (padre di Costantino) e Galerio. Diocleziano rafforzò il ruolo istituzionale dei reggitori dell’impero creando con loro una rete d’intrecci personali e famigliari, attraverso adozioni e matrimoni politici.
In sintesi, Diocleziano fu un grandissimo riformatore, determinato, efficiente e, non di rado, spietato. A se stesso impose un’etica di servizio (“Militia”) nei confronti della “cosa pubblica” che lo portò a viaggiare continuamente in lungo e in largo per l’impero, sia per ragioni di sicurezza militare, sia per permettergli di verificare personalmente gli aspetti locali e le diverse situazioni di crisi. Agi pragmaticamente per modernizzare l’apparato statale appoggiandosi sul “ceto medio”, cioè sugli ufficiali dell’esercito che, spesso avevano fatto carriera partendo dai ranghi più bassi e sulle elite intellettuali di estrazione prevalentemente cittadina; spesso a scapito della grande proprietà terriera e comprimendo i privilegi del rango senatorio.
Portò avanti una visione unitaria promuovendo una profonda riforma amministrativa e fiscale ma anche una certa omologazione culturale incentrata sul rispetto dei valori tradizionali della cultura pagana. Questo comportò vantaggi duraturi ma anche forti tensioni quando questo genere di politica comportò la perdita di privilegi consolidati (come ad esempio successe per l’Italia e per l’Egitto) o, peggio, quando si pose in contrasto con i sentimenti più profondi di parte della popolazione. In particolare, Diocleziano avviò una violenta e diffusa persecuzione dei Cristiani che aggravò la frattura fra i valori del mondo pagano e cristiano. Questo, in sintesi, indebolì la struttura dell’impero vanificando parte dello sforzo profuso per rafforzarne l’omogeneità culturale.
Il ruolo di Diocleziano nelle persecuzioni dei Cristiani spiega anche le ragioni della sua “cattiva fama”, in parte meritata (almeno in termini di etica moderna!), in parte da emendare e da rivalutare. Molto di quello che sappiamo di lui, infatti, ci è stato trasmesso da storici di questa religione, uno su tutti, da Lattanzio (“De mortibus persecutorum” – Le morti dei persecutori) che, comprensibilmente non furono teneri nei confronti della sua memoria.
E’ corretto comunque aggiungere che, nell’ambito di un’opera ampiamente positiva, molti dei progetti importanti promossi da Diocleziano finirono per fallire. Le sue riforme monetarie, per esempio, non furono sufficienti ad arrestare la svalutazione della moneta metallica, la sua politica di omologazione culturale intorno ai valori tradizionali fallì miseramente ed anche l’istituzione stessa della tetrarchia si dimostrò un modello effimero e di nessuna tenuta tanto che cominciò a sgretolarsi che Diocleziano (tornato “Diocles” dopo la sua abdicazione) era ancora in vita precipitando nuovamente l’impero nelle lotte di successione. Da esse emergerà la figura di Costantino la cui ascesa sancirà la crisi inarrestabile della cultura pagana.

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