Un bel saggio che riprende e
valorizza la figura dell’imperatore romano Diocleziano (244 – 311 d.C.).
Militare illirico di umili origini fu uno delle figure emergenti che
scaturirono dalle riforme radicali messe in atto dall’imperatore Gallieno (218
– 268 d.C.) per fronteggiare la grave crisi politica e militare che
caratterizzò la metà del terzo secolo.
Diocleziano cresce dunque alla
“scuola” di Probo, uno dei cosiddetti “imperatori illirici”, tutti provenienti
dai ranghi dell’esercito. Serve con valore sotto l’imperatore Caro presso il
quale diventa comandante dei “protectores”, un corpo militare creato da
Valeriano e Gallieno allo scopo di proteggere l’imperatore e coadiuvare
l’attività dello stato maggiore. Nel 283 d.C. partecipa con Caro e con il figlio
di questi, Numeriano, alla vittoriosa campagna contro l’impero sassanide nel
corso della quale entrambi gli imperatori, in momenti successivi, trovano la
morte. Nel 284 d.C., a seguito del decesso di Numeriano, a Nicomedia,
l’esercito incorona Diocles imperatore (che assume il nome romanizzato di
Diocleziano).
Diocleziano passerà la vita a
difendere con successo i confini dell’impero contro i nemici esterni e a
combatterne la frammentazione nei confronti di quelli interni. A questo scopo
riformerà profondamente l’amministrazione civile, militare e fiscale dell’impero. Dal
punto di vista istituzionale cercherà di trovare una soluzione stabile al
problema della successione degli imperatori cercando di porre un freno alla
spirale di colpi di stato e guerre intestine che avevano caratterizzato il
periodo precedente al suo lungo regno e che avevano permesso la sua stessa
ascesa al soglio imperiale. A questo scopo istituirà il governo tetrarchico che
prevedeva la condivisione del potere con un altro “Augusto”, figura
teoricamente di pari rango al suo e la cooptazione di altri due “Cesari”,
subordinati agli augusti e destinati a succedere a questi nel corso di un
avvicendamento ventennale. Seguendo il principio meritocratico istituito da Gallieno,
egli scelse queste figure fra militari capaci e fidati. Augusto d’Occidente
divenne Massimiano, mentre furono nominati “Cesari” Costanzo Cloro (padre di
Costantino) e Galerio. Diocleziano rafforzò il ruolo istituzionale dei
reggitori dell’impero creando con loro una rete d’intrecci personali e
famigliari, attraverso adozioni e matrimoni politici.
In sintesi, Diocleziano fu un
grandissimo riformatore, determinato, efficiente e, non di rado, spietato. A se
stesso impose un’etica di servizio (“Militia”) nei confronti della “cosa
pubblica” che lo portò a viaggiare continuamente in lungo e in largo per
l’impero, sia per ragioni di sicurezza militare, sia per permettergli di
verificare personalmente gli aspetti locali e le diverse situazioni di crisi.
Agi pragmaticamente per modernizzare l’apparato statale appoggiandosi sul “ceto
medio”, cioè sugli ufficiali dell’esercito che, spesso avevano fatto carriera
partendo dai ranghi più bassi e sulle elite intellettuali di estrazione
prevalentemente cittadina; spesso a scapito della grande proprietà terriera e
comprimendo i privilegi del rango senatorio.
Portò avanti una visione unitaria
promuovendo una profonda riforma amministrativa e fiscale ma anche una certa
omologazione culturale incentrata sul rispetto dei valori tradizionali della
cultura pagana. Questo comportò vantaggi duraturi ma anche forti tensioni
quando questo genere di politica comportò la perdita di privilegi consolidati
(come ad esempio successe per l’Italia e per l’Egitto) o, peggio, quando si
pose in contrasto con i sentimenti più profondi di parte della popolazione. In
particolare, Diocleziano avviò una violenta e diffusa persecuzione dei
Cristiani che aggravò la frattura fra i valori del mondo pagano e cristiano. Questo,
in sintesi, indebolì la struttura dell’impero vanificando parte dello sforzo
profuso per rafforzarne l’omogeneità culturale.
Il ruolo di Diocleziano nelle
persecuzioni dei Cristiani spiega anche le ragioni della sua “cattiva fama”, in
parte meritata (almeno in termini di etica moderna!), in parte da emendare e da
rivalutare. Molto di quello che sappiamo di lui, infatti, ci è stato trasmesso
da storici di questa religione, uno su tutti, da Lattanzio (“De mortibus
persecutorum” – Le morti dei persecutori) che, comprensibilmente non furono
teneri nei confronti della sua memoria.
E’ corretto comunque aggiungere
che, nell’ambito di un’opera ampiamente positiva, molti dei progetti importanti
promossi da Diocleziano finirono per fallire. Le sue riforme monetarie, per
esempio, non furono sufficienti ad arrestare la svalutazione della moneta
metallica, la sua politica di omologazione culturale intorno ai valori
tradizionali fallì miseramente ed anche l’istituzione stessa della tetrarchia
si dimostrò un modello effimero e di nessuna tenuta tanto che cominciò a
sgretolarsi che Diocleziano (tornato “Diocles” dopo la sua abdicazione) era
ancora in vita precipitando nuovamente l’impero nelle lotte di successione. Da
esse emergerà la figura di Costantino la cui ascesa sancirà la crisi
inarrestabile della cultura pagana.
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