mercoledì 2 aprile 2014

Recensione: Nebbia


“Nebbia”, di Ivano Mingotti, editrice Ded’a, ISBN: 9788896121917.
La storia si svolge a Beaumont, un piccolo villaggio semi isolato fra le montagne, poche decine di case, una sola strada che lo collega a una vallata. La vita a Beaumont è quella tipica dei paesini, tutti si conoscono, tutti sanno tutto di tutti e le giornate tirano avanti una dietro l’altra, lente, noiose e ripetitive. Pure il clima non aiuta, Beaumont sembra sempre avvolta nella nebbia. Eppure in questo paese qualcosa non quadra tutto appare un po’ sfuocato e nello stesso tempo soffocante. Soprattutto, a Beaumont la gente sparisce nel nulla senza fare più ritorno, senza lasciare tracce e, stranamente, senza destare particolari emozioni nei compaesani a parte un certo rassegnato fatalismo.
Ci vorrà un evento straordinario per spingere alcuni dei protagonisti a cercare di chiarire il mistero di queste strane sparizioni e nel frattempo per spiegare la strana atmosfera surreale che aleggia sul paese e sui suoi abitanti.
Ho ricevuto questo romanzo in maniera un po’ casuale attraverso il network di Anobii; tra l’altro, devo ammettere che non sono particolarmente amante del genere thriller e, soprattutto, ultimamente leggo quasi esclusivamente opere di saggistica alternate a qualche classico della letteratura. Non mi ritengo quindi il soggetto più adatto per esprimere giudizi riguardo alla validità di questo romanzo che, probabilmente, non avrebbe attratto la mia attenzione in libreria. Fatta questa lunga e doverosa premessa, penso che l’Autore sia partito da un’ottima idea e che l’abbia poi sviluppata abbastanza bene. Alla fine il romanzo mi è piaciuto abbastanza, soprattutto perché mi è apparsa curiosa almeno quanto mi abbia lasciato perplesso, la scelta stilistica dell’Autore, coraggiosa ma, infine anche abusata. Il romanzo si svolge attraverso una serie di anafore senza fine, tanto da diventare fastidiose, frasi corte, ritmo sincopato, clima claustrofobico e ossessivo. Penso che questo tipo di effetto fosse desiderato dall’Autore ma, per me, ha esagerato e avrebbe dovuto alternare queste parti che, a piccole dosi sarebbero state molto efficaci, con altre di stile più classico dove, tra l’altro, egli avrebbe potuto dimostrare di saper descrivere davvero sia i luoghi sia i personaggi, entrambi lasciati, forse volutamente, senza spessore.

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