venerdì 29 novembre 2013

Recensione: La Guerra Bianca – Vita e Morte sul Fronte Italiano 1915-1919


“La Guerra Bianca – Vita e Morte sul Fronte Italiano 1915-1919”, titolo originale “The White War”, di Mark Thompson, traduzione di Piero Budinich, edizioni Il Saggiatore, ISBN: 978-88-428-1307-1.
Attraverso quest’opera, l’Autore ricostruisce egregiamente il contesto in cui si svolsero le operazioni sul fronte italiano della Prima Guerra Mondiale. La “Guerra Bianca”, titolo ispirato al colore della neve delle montagne e delle formazioni calcaree dell’altopiano carsico, è un libro tanto bello quanto irritante.
 Nella prima parte si descrive la situazione politica, socioeconomica e militare che portò alla decisione di entrare in guerra: gli intrallazzi dei due politici maggiormente responsabili dell’entrata in guerra, Salandra e Sonnino, miranti a isolare Giolitti e i liberali contrari all’intervento e spingere un’opinione pubblica, nettamente pacifista, a entrare in guerra; le giravolte, i tradimenti e le trattative parallele fra gli Alleati e gli Imperi Centrali; il ricorso alla propaganda e ai giornalisti prezzolati, il coinvolgimento di figure grottesche come D’Annunzio; lo spauracchio usato ad arte della rivolta socialista in agguato; gli effetti perversi del nazionalismo e degli ideali “vitalisti”; la cronica disorganizzazione del nostro esercito corredato alla miope ottusità dei suoi ufficiali superiori.
In seguito si descrive la vicenda bellica: l’illusione di una guerra “garibaldina”, la disillusione per il mancato conseguimento di una rapida vittoria; le battaglie dell’Isonzo esauritesi una dopo l’altra infrangendosi sui contrafforti delle montagne o lungo il deserto calcareo dell’altopiano carsico senza ottenere risultati di rilievo ma portandosi via la vita di centinaia di migliaia di soldati, per lo più ignari delle ragioni di questo conflitto. Cadorna ne scatenerà undici una dietro l’altra, impiegando sempre più uomini e mezzi, per poi cedere tutto il terreno faticosamente conquistato nel corso della dodicesima, la disfatta di Caporetto, che respingerà le truppe italiane assai ingloriosamente, fino al fiume Piave.
L’Autore attraverso le vivide descrizioni dei protagonisti, fra i quali noti poeti come Ungaretti, descrive le condizioni di vita disumane dei soldati e della popolazione civile sfollata: le distese di cadaveri e macerie, la fame, il freddo, i bombardamenti, il gas, le cariche all’arma bianca, la paura dell’attesa e della morte, le incomprensibili e crudeli punizioni inferte ai soldati dagli ufficiali superiori incompetenti. In sintesi, è posta in evidenza l’enorme distanza fra l’ideale eroico e virile della guerra e la sua realtà oggettiva; il punto di vista distorto dei politici e dell’Alto Comando, entrambi lontani dal fronte, contrapposto alla dura realtà della guerra di trincea. E’ anche Interessante l’attenzione posta dall’Autore al punto di vista del “nemico”, in particolare riguardo ai soldati di etnia slava. Essi lottarono tenacemente contro di quelli che erano visti come gli invasori, i nemici storici, i futuri dominatori; proprio nel momento in cui, dalla parte opposta gli intellettuali italiani erano convinti di portare avanti gli ideali risorgimentali di liberazione delle terre irredente.
La parte finale è riservata al bilancio e alle conseguenze della guerra. In Italia più che altrove pesò il rapporto fra i benefici realmente ottenuti rispetto a quelli promessi o anche solo sperati. Soprattutto, fu evidente il costo sproporzionato che s’impose alla nazione in termini di vite umane e risorse sprecate. Basti dire che, le guerre risorgimentali, tutte insieme costarono qualche migliaio di morti mentre, secondo la ricostruzione dell’Autore, il confitto mondiale produsse in Italia circa un milione e trecentomila fra caduti, mutilati e feriti gravi (i soli morti furono più di seicentomila!) fra i soldati e la popolazione civile. Oltre alle terre irredente abitate da una maggioranza d’italiani, furono occupati territori abitati da popolazione dove l’etnia slava e quella tedesca erano prevalenti, gettando i semi di futuri conflitti e rivalse che si trascinarono fino a dopo la Seconda Guerra Mondiale. Il mito della “Vittoria Mutilata” (non a caso inventato da D’Annunzio!), unito ai disagi e ai disordini del dopo guerra, contribuì fortemente a creare quello spirito di rivalsa che portò all’ascesa del regime fascista. E’ ormai riconosciuto che la Grande Guerra fu un tragico punto di svolta per la civiltà europea, ma in poche nazioni come l’Italia, questo trauma fu tanto più inutile e foriero di conseguenze, quanto facilmente evitabile.  

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