“La Guerra Bianca – Vita e Morte
sul Fronte Italiano 1915-1919”, titolo originale “The White War”, di Mark
Thompson, traduzione di Piero Budinich, edizioni Il Saggiatore, ISBN: 978-88-428-1307-1.
Attraverso quest’opera, l’Autore
ricostruisce egregiamente il contesto in cui si svolsero le operazioni sul
fronte italiano della Prima Guerra Mondiale. La “Guerra Bianca”, titolo
ispirato al colore della neve delle montagne e delle formazioni calcaree dell’altopiano
carsico, è un libro tanto bello quanto irritante.
Nella prima parte si descrive la situazione
politica, socioeconomica e militare che portò alla decisione di entrare in
guerra: gli intrallazzi dei due politici maggiormente responsabili dell’entrata
in guerra, Salandra e Sonnino, miranti a isolare Giolitti e i liberali contrari
all’intervento e spingere un’opinione pubblica, nettamente pacifista, a entrare
in guerra; le giravolte, i tradimenti e le trattative parallele fra gli Alleati
e gli Imperi Centrali; il ricorso alla propaganda e ai giornalisti prezzolati,
il coinvolgimento di figure grottesche come D’Annunzio; lo spauracchio usato ad
arte della rivolta socialista in agguato; gli effetti perversi del nazionalismo
e degli ideali “vitalisti”; la cronica disorganizzazione del nostro esercito
corredato alla miope ottusità dei suoi ufficiali superiori.
In seguito si descrive la vicenda
bellica: l’illusione di una guerra “garibaldina”, la disillusione per il
mancato conseguimento di una rapida vittoria; le battaglie dell’Isonzo esauritesi
una dopo l’altra infrangendosi sui contrafforti delle montagne o lungo il
deserto calcareo dell’altopiano carsico senza ottenere risultati di rilievo ma portandosi
via la vita di centinaia di migliaia di soldati, per lo più ignari delle
ragioni di questo conflitto. Cadorna ne scatenerà undici una dietro l’altra,
impiegando sempre più uomini e mezzi, per poi cedere tutto il terreno
faticosamente conquistato nel corso della dodicesima, la disfatta di Caporetto,
che respingerà le truppe italiane assai ingloriosamente, fino al fiume Piave.
L’Autore attraverso le vivide
descrizioni dei protagonisti, fra i quali noti poeti come Ungaretti, descrive
le condizioni di vita disumane dei soldati e della popolazione civile sfollata:
le distese di cadaveri e macerie, la fame, il freddo, i bombardamenti, il gas,
le cariche all’arma bianca, la paura dell’attesa e della morte, le
incomprensibili e crudeli punizioni inferte ai soldati dagli ufficiali
superiori incompetenti. In sintesi, è posta in evidenza l’enorme distanza fra l’ideale
eroico e virile della guerra e la sua realtà oggettiva; il punto di vista
distorto dei politici e dell’Alto Comando, entrambi lontani dal fronte, contrapposto
alla dura realtà della guerra di trincea. E’ anche Interessante l’attenzione
posta dall’Autore al punto di vista del “nemico”, in particolare riguardo ai
soldati di etnia slava. Essi lottarono tenacemente contro di quelli che erano
visti come gli invasori, i nemici storici, i futuri dominatori; proprio nel
momento in cui, dalla parte opposta gli intellettuali italiani erano convinti
di portare avanti gli ideali risorgimentali di liberazione delle terre
irredente.
La parte finale è riservata al
bilancio e alle conseguenze della guerra. In Italia più che altrove pesò il
rapporto fra i benefici realmente ottenuti rispetto a quelli promessi o anche
solo sperati. Soprattutto, fu evidente il costo sproporzionato che s’impose
alla nazione in termini di vite umane e risorse sprecate. Basti dire che, le
guerre risorgimentali, tutte insieme costarono qualche migliaio di morti
mentre, secondo la ricostruzione dell’Autore, il confitto mondiale produsse in
Italia circa un milione e trecentomila fra caduti, mutilati e feriti gravi (i
soli morti furono più di seicentomila!) fra i soldati e la popolazione civile.
Oltre alle terre irredente abitate da una maggioranza d’italiani, furono
occupati territori abitati da popolazione dove l’etnia slava e quella tedesca
erano prevalenti, gettando i semi di futuri conflitti e rivalse che si
trascinarono fino a dopo la Seconda Guerra Mondiale. Il mito della “Vittoria
Mutilata” (non a caso inventato da D’Annunzio!), unito ai disagi e ai disordini
del dopo guerra, contribuì fortemente a creare quello spirito di rivalsa che
portò all’ascesa del regime fascista. E’ ormai riconosciuto che la Grande
Guerra fu un tragico punto di svolta per la civiltà europea, ma in poche
nazioni come l’Italia, questo trauma fu tanto più inutile e foriero di
conseguenze, quanto facilmente evitabile.