giovedì 12 settembre 2013

Siria e Medio Oriente: Qualche riflessione sui movimenti insurrezionali, dittature e ruolo dell'occidente


Leggendo i resoconti del giornalista della Stampa Domenico Quirico che si riferiscono alla sua prigionia in Siria rilevo, un po’ amareggiato, come l’evoluzione dei movimenti insurrezionali segua spesso il medesimo schema: parte fra mille ideali di uguaglianza e libertà, per poi precipitare in forme più o meno evidenti di banditismo. Parlando dei paesi islamici, questo è successo in Afghanistan, in Somalia, in Mali e, con le dovute differenze, in Libia e, ovviamente sta avvenendo in Siria. Forse questa situazione non toccherà l’Egitto ma, e qui si aggiunge un nuovo elemento di riflessione, se il paese sarà risparmiato da queste forme di balcanizzazione della lotta, non sarà tanto per le qualità morali dimostrate dalle opposte fazioni, ma solo perché, in questo caso, la giunta militare sembra aver ripreso più che in altre parti il controllo della situazione. Anche questa possibile eccezione, quindi, non fa altro che fornire conferma a uno schema che sembra ripetersi all’infinito e dove emerge chiaramente quanto sia difficile rompere il circolo vizioso che sembra prevedere, per certi paesi, solo l’alternativa fra varie forme di dittatura e il caos. Riguardo ai racconti di Quirico noto anche che, le uniche note positive (o almeno, non totalmente negative!) nei confronti dei propri carcerieri le ha riservate a quelli che, per noi laici e occidentali dovrebbero essere considerati i nostri arcinemici, cioè ai militanti di Al Nusra, la cellula siriana affiliata ad Al Quaeda, mentre, sempre basandosi sulle dichiarazioni del giornalista, il resto dei gruppi militanti è risulterebbe costituito per lo più solo da briganti privi di ogni ideologia e morale. Ciò fornisce un altro elemento di pessimismo alle mie riflessioni perché, se come ho dichiarato, l’esito di questi conflitti prevede sostanzialmente solo due finali possibili: il ritorno a qualche forma di dittatura o, in alternativa, la disintegrazione dell’autorità statale, si potrebbe anche aggiungere che il risultato che prevede la restaurazione delle forme autoritarie può, a sua volta, portare a due sole scelte: l’instaurazione di un regime militare che s’ispira a sedicenti valori “occidentali” di modernizzazione e laicità, oppure, l’ascesa di un regime teocratico. Nessuna di queste due forme è, ovviamente, auspicabile per noi, né tantomeno, saremmo avvantaggiati dal caos prodotto dall’ennesimo “stato fallito”, difficilmente però possiamo seriamente pensare di ottenere esiti diversi se non attraverso impopolari e onerose operazioni di peace keeping che mettano, di fatto, queste aree sotto controllo e sotto tutela. In conclusione, se non abbiamo la volontà, la forza e magari anche la supponenza e l’arroganza per percorrere una tale ipotesi, tanto vale tenersi accuratamente lontani da queste situazioni rimanendo il più possibile fuori dalla mischia.

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