giovedì 27 dicembre 2012

Monti al bivio: fra spinte riformiste e conservatorismo, l'eterno dilemma del liberalismo italiano


Forse bisognerebbe ancora attendere un po’ prima di fare delle valutazioni, eppure, già da quanto si vede in questi giorni, La discesa di Mario Monti in politica non sembra portare dei sostanziali cambiamenti al solito triste copione della politica italiana che, quasi come una dannazione biblica, sembra ripetersi fin dagli albori della Repubblica. Di fronte al prefigurarsi di una vittoria secca del centro sinistra, le forze più moderate e genuinamente laiche, piuttosto che appoggiare e avviare quelle politiche di cambiamento socio culturali ed economiche che l’Italia continua a mancare clamorosamente a ogni elezione, pavidamente si prestano a mantenere lo status quo fornendo il collante e gli strumenti di governo a quella consistente parte della nostra società di vocazione conservatrice che palesemente ci zavorra. Com’è possibile, mi chiedo, che un leader come Mario Monti dopo aver traghettato il Paese attraverso un periodo difficile della nostra storia, tra l’altro, di fronte alla prospettiva di dover consolidare il lavoro svolto fino ad adesso, sia così cieco da voler rischiare di costruire una nuova legislatura intorno alle medesime forze che ci hanno sprofondato nel baratro? Non penso che nessuno, che voglia considerarsi assennato, possa realmente pensare di costruire alcunché affidandosi agli stessi uomini e alle stesse ideologie che hanno condannato il Paese a vent’anni di berlusconismo. Alludo ovviamente a quelle forze cattoliche tradizionaliste sponsorizzate dalla CEI e vincolate ad una visione del mondo e della società totalmente retrogradi e che poco hanno a che vedere, nella sostanza, con la modernità e originalità del messaggio cristiano; a quel milieu piccolo borghese, volgare,  sciattone e ignorante, degno del nostro miglior cine-panettone  che ha prosperato grazie al “Cavaliere” e all’evasione fiscale degradando l’anima e l’immagine del Paese;  per continuare  con le zotiche legioni federal-leghiste, che orfane della loro corte dei miracoli di geometri mancati e fattucchiere, agognano all’ennesima sguaiata jacquerie contro una “Roma ladrona” che si è dimostra comunque non peggio di loro. Si è chiesto Monti dov’era e chi appoggiava tutta questa parte dell’elettorato negli ultimi vent’anni? Pensa egli veramente di rilanciare il Paese con gli scampoli di una classe politica che è rimasta cieca alle collusioni mafiose, alle leggi ad personam, al dilagare delle lobby, al continuo declino economico, all’ostracismo internazionale, per poi indignarsi solo di fronte al bunga-bunga? “Meglio soli che mal accompagnati” dice un vecchio detto e forse, in certi casi, se non si è più nelle condizioni di fare bene e anzi, si rischia di essere di intralcio, bisognerebbe avere il coraggio di ricavare l’esempio da seguire dal nostro lontano passato e ritirarsi fuori dalla mischia come fece a suo tempo  Lucio Quinzio Cincinnato.  

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