martedì 14 agosto 2012

Recensioni: Storia delle Eresie Libertarie – Dai testi sacri al Novecento

“Storia delle Eresie Libertarie – Dai testi sacri al Novecento”, di Valerio Pignatta, edizioni Odoya, ISBN 978-88-6288-129-6.

Ho trovato questo libro sorprendente fin dall’introduzione, pensavo, infatti, che l’opera fosse incentrata sulla descrizione dei rispettivi quadri storici che fecero da terreno di coltura ai vari movimenti eretici sviluppatisi a partire dal medioevo fino alla Rivoluzione industriale e, non mi aspettavo invece che l’Autore tracciasse un filo conduttore fra essi e che, soprattutto, lo riannodasse con quello dei movimenti anarchici che si distinsero a partire dal diciottesimo secolo. Secondo l’Autore, è proprio dalle caratteristiche delle Sacre Scritture che trova origine la corrente di egualitarismo, di promozione dell’interesse collettivo e di avversione dell’autoritarismo che caratterizzerà i movimenti eretici. La Bibbia, infatti, non fa che seguire una consolidata tradizione ebraica che è fatta risalire alla struttura sociale originaria imperniata sulle (dodici) tribù e sulla naturale propensione delle strutture tribali a perseguire nei confronti dei propri membri forme di cooperazione, di eguaglianza politica ed economica e di avversione verso forme evidenti di sperequazione e accentramento del potere. Nel corso dell’opera si pone l’accento e si enfatizza l’ideologia “anarchica” dei Vangeli e della predicazione di Gesù come delle prime comunità cristiane, incentrate su un egualitarismo evidente, la comunione dei beni, il rifiuto di ogni violenza e il non riconoscimento delle autorità civili e religiose (appena mitigato dall’evangelico “… Date a Cesare ciò che è di Cesare …”). Quest’atteggiamento porterà i primi cristiani a negare la fondatezza di ogni differenza sociale e di casta e a rifiutare ogni forma d’omaggio alle autorità (a cominciare dalla figura dell’imperatore), accompagnandolo al divieto di occupare cariche politiche e di magistratura e al rifiuto di prestare il servizio militare e, spesso, alla condanna della proprietà privata.
Andando alla ricerca del concetto originario di “Ecclesia”, vista come collettività di uguali, e posta alla base del cristianesimo delle origini, le sette e i movimenti eretici si rivolteranno anche e soprattutto contro le chiese istituzionali (quella cattolica come quelle riformate) che saranno considerate alla stregua di traditrici del messaggio originale del Cristo e puntello di un iniquo sistema di sfruttamento dei pochi a carico dei molti. Secondo l’Autore, questa corrente sotterranea che già può farsi risalire ai primissimi anni del cristianesimo (ad es., nel testo è citato Tertulliano [fra il 155 e il 230 d.C.]), troverà sfogo impetuoso nei movimenti eretici medioevali come quello dei Catari, dei Valdesi, dei seguaci di Fra Dolcino e di altri d’ispirazione gioachinista (cioè ispirati all’opera di Gioachino da Fiore [1130 -1203 d.C.]), ma sarà anche d’ispirazione all’ordine dei Francescani (che a loro volta, però, daranno origine ad alcuni movimenti eretici!). Tale corrente continuerà a scorrere impetuosa durante il periodo della Riforma (in particolare l’Autore parla degli Anabattisti, degli Hussiti e dei Fratelli del Libero Spirito) per poi continuare a emergere durante tutto l’arco della storia moderna, (ad esempio durante la guerra civile in Inghilterra attraverso l’esperienza di Levellers, Diggers e Ranters), in epoca vittoriana (es. Quaccheri), per confluire nella visione del filone pacifista dell’anarchismo ottocentesco, che l’Autore approfondisce soprattutto attraverso l’opera di Tolstoj e Kropotkin e di coloro che a essi s’ispirarono.

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