giovedì 3 giugno 2010

Recensione: La radio ed il machete

La radio e il machete – il ruolo dei media nel genocidio in Rwanda, di Fonju Ndemesah Fausta, Infinito Edizioni. “Senza armi da fuoco, machete o altri oggetti, voi avete provocato la morte di migliaia di civili innocenti”. Questa è l’accusa del giudice Navanathem Pilay nell’introdurre la sentenza al “media trail”, il processo che riconobbe le responsabilità oggettiva dei media locali nel veicolare le idee estremiste e nell’organizzare i massacri della maggioranza Hutu ai danni della minoranza Tutsi. Il libro cerca di spiegare come sia potuto avvenire il genocidio in Rwanda nel 1994, che in circa tre mesi portò alla morte di circa 800.000 persone e spiega come i media abbiano agito in maniera premeditata per preparare il terreno prima e per facilitare poi il compito degli esecutori dei massacri. Il libro prende in particolare considerazione l’operato di Rtlm (Radio Télévision Libre de Mille Colline) e la rivista Kangura spiegando come questi media posero in atto un piano preordinato per scatenare l’odio della popolazione. Fra i vari aspetti interessanti del libro, c’è ne uno che mi ha veramente colpito ovvero la spiegazione che Hutu e Tutsi non sono affatto due diverse etnie, una autoctona e l’altra “conquistatrice”, parrebbe infatti che la componente raziale fosse infatti stabile in Rwanda da centinaia di anni. Secondo l’autore la suddivisione ha un origine economica basata sul possesso del bestiame e dei terreni e, prima che l’amministrazione coloniale belga costruisse artificiosamente e perpuetasse una classificazione raziale favorita dall'imposizione di registrare la differenza alla nascita sulla carta d’identità , vi era anche una certa permeabilità fra le due categorie (i ricchi Hutu diventavano Tutsi!). Secondo l’autore, la creazione artificiosa di due etnie è la chiave di lettura della progressiva polarizzazione che infine ha creato i presupposti dei massacri, tra l’altro proprio la semplificazione Hutu - povero - oppresso e Tutsi – ricco - straniero invasore sarà uno dei principali fattori di propaganda sul quale verrà basato il palinsesto dei media sotto processo. Viene anche sottolineato come persino i media stranieri siano rimasti accecati dalla (semplicistica) lettura etnica del conflitto causando un colpevole ritardo nello stimolare l’opinione pubblica internazionale e ritardando il conseguente intervento ONU. Non meno importante l’atto d’accusa contro le ex potenze coloniali ed in particolare contro la Francia criticata non solo per l’appoggio dato fin dalle origini alla dittatura ruandese, ma anche per la messa in pratica dell’operazione “Turquoise”, apparentemente umanitaria ma sospettata invece di essere in appoggio del traballante regime.

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