venerdì 4 giugno 2010

Flop in altomare

Tutta la vicenda del raid contro la flottiglia pacifista messo in atto dalle autorità israeliane sembra totalmente priva di senso e purtroppo pare denunciare la totale incapacità di Israele di“fare la cosa giusta”. Già solo leggendo le descrizioni dell’intervento si rimane sbigottiti, come hanno fatto gli ideatori di epiche operazioni di pronto intervento quali il raid ad Entebbe, oppure dell’attacco aereo ai siti nucleari iracheni a cadere così in basso? Al di là infatti delle considerazioni etiche dell’opportunità dell’intervento risulta evidente come l’operazione sia risultata inutilmente sanguinosa e che proprio questo fattore abbia trasformato il tutto in un grandissimo fiasco dal punto di vista politico e di immagine. Possibile che fosse proprio necessario abbordare la flottiglia in acque internazionali? Che fosse necessario inviare i corpi speciali come leoni dalle unghie spuntate? Che fosse necessario abbordare le navi e non semplicemente isolarle? Che non fosse stata presa in considerazione una resistenza da parte dei pacifisti? Il tutto a posteriori sembra folle e ricorda certe prese di posizione muscolari (come il raid americano a Teheran del 1979) che già in passato si sono trasformate in totali disastri militari e politici.
Sensibile l’imbarazzo dell’Egitto, costretto a rilassare il controllo dei punti di accesso alla striscia di Gaza, disastroso l’impatto sulla Turchia tradizionale alleato di Israele ma direttamente coinvolta come vittima dalla nazionalità della nave e delle vittime del raid, clamoroso il danno di immagine alla capacità militare israeliana . In sintesi, come bilancio provvisorio, proprio niente “male”!

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