"La strettoia – come le nazioni possono essere libere”, titolo
originale: “The Narrow Corridor”; di Daron Acemoglu e James A. Robinson,
traduzione di Fabio Galimberti e Gaia Seller, editrice Il Saggiatore, Isbn 978-88-428-2702-3.
A metà del milleseicento Hobbes pubblica “Il Leviatano, o la materia, la
forma e il potere di uno stato ecclesiastico e civile” prendendo a prestito la
figura del Leviatano, il mitico mostro marino, per raffigurare il potere dello
Stato. Hobbes è quindi forse il primo filosofo a formalizzare una serie di temi
antichi quanto noti che ruotano attorno almeno ad un paio di concetti:
1) Da una parte, comunemente (ma non universalmente!)
si riconosce come un’organizzazione
statale sia necessaria o, quantomeno benvenuta per congiurare la “Warre”, cioè
la guerra di tutti contro tutti che, inevitabilmente caratterizzerebbe una
società senza Stato. Lo Stato deve quindi essere dotato di forza e autorità
(nonché, si spera, di autorevolezza!) e, in particolare, ad esso va ascritto
quel “monopolio” dell’uso della forza che gli permetta di imporsi sui propri
cittadini e/o sudditi e quindi, sui “nemici” interni o esterni che siano.
2) Dall’altra risulta raccomandabile, se non
proprio necessario” incatenare” il Leviatano, cioè trovare quella serie di
contrappesi politici, legali e culturali che impediscano la crescita dispotica
del Leviatano, in modo che tale eccesso di potere non soffochi le libertà e le
iniziative individuali.
In sintesi, l’intero (bellissimo) saggio distingue tra:
a) Società ove il Leviatano è “assente”, cioè
ove il potere dello Stato è inesistente o attivamente depotenziato da norme sociali
e/o gruppi di potere alternativi.
b) Società ove il Leviatano è “dispotico”,
cioè ove il potere dello Stato è saldamente presente, ma non validamente contrastato
da adeguati contrappesi che permettano il fiorire delle libertà individuali,
dando così spazio alle forme di autoritarismo.
c) Società ove il Leviatano è di “carta” per le
quali gli autori tendono a trasmettere un’immagine ove lo Stato è
caratterizzato da un apparato burocratico disfunzionale, anche se non
necessariamente dispotico. In questi casi, anche se uno Stato non è
necessariamente violento e autoritario, esso si dimostra largamente inefficiente
ed incapace di sopperire ai bisogni della società civile.
d) Società ove il Leviatano sia ragionevolmente
“incatenato”, cioè zavorrato da quella giusta combinazione di contrappesi atti
a limitarne gli eccessi. Tali situazioni costituiscono la condizione necessaria
per ottenere una durevole crescita di quelle società in termini sociali, civili,
culturali ed economici.
È evidente quindi che, per gli autori l’unica condizione auspicabile sia
quella di una società retta da un Leviatano incatenato.
Detto ciò, essi non si limitano alla proposta di concetti statici e,
attraverso una serie di esempi storici e attuali guidano il lettore attraverso
il processo, le cause, le iniziative e i contesti che spiegano le ragioni per
le quali in alcuni luoghi e momenti si creino e si siano le create le
condizioni per giungere a qualcuna delle figure sopracitate del Leviatano.
Più importante di tutto, gli autori giungono infine alla loro sintesi (per
me convincente) che consta di alcuni messaggi molto importanti, fra i quali:
- Le società sono dinamiche, c’è un percorso che porta alla creazione di
Stati ove il Leviatano viene incatenato con successo, ma non si può dormire
sugli allori; tali società possono involvere in un processo che le porta al
dispotismo (es. Italia fascista?) o allo stato di “nazione fallite” (es.
Somalia?).
- Il percorso che porta a creare e ad incatenare il Leviatano è essenzialmente
“interno” e dinamico. Consta nel continuo impegno effettivo dello Stato a
sopperire ai crescenti bisogni della cittadinanza contrapposto all’impegno
della società civile a contrastarne gli eccessi di potere e a limitarne le indebite
interferenze nella sfera privata derivanti proprio dal ruolo crescente che lo
Stato è chiamato ad assumere. Gli autori parlano quindi di un effetto “Regina
Rossa”, prendendo in prestito un’immagine tratta dal romanzo “Alice attraverso
lo specchio” (il meno conosciuto sequel di “Alice nel paese delle meraviglie”),
ove la Regina Rossa e, in generale il “sottomondo” sono costretti a correre
continuamente per conservare uno stato di equilibrio invariato.
- Una volta che il Leviatano sia stato adeguatamente incatenato esiste dunque
un percorso virtuoso che tende ad allargare le maglie di tale traiettoria, in
altre parole, le pareti del “corridoio” si allargano rendendo più difficile un
regresso verso forme più sgradite di governo. Lo Stato, e la società civile
divengono quindi mutualmente e progressivamente sempre più consapevoli delle
reciproche interdipendenze diventando anche più resilienti di fronte al rischio
di involuzione e aumentando il tasso di fiducia reciproci, condizione
necessarie per un’ulteriore fase di crescita.
In conclusione, una lettura che, secondo il mio parere non può che essere
interessantissima e piacevole (bellissima la serie di tutti i “casi” prodotti
ad esempio) e che costituisce il degno complemento dell’opera precedente già
pubblicata dai medesimi autori:
“Perché le nazioni falliscono – alle origini di prosperità, potenza e
povertà”; titolo originale: “Why Nations Fail”, Il Saggiatore, isbn
978-88-428-1873-1.
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