martedì 8 giugno 2021

Un commento sul caso di Saman Abbas

Sono rimasto colpito dal caso di Saman Abbas, la giovane donna pachistana uccisa di recente a causa del suo rifiuto di convolare a nozze combinate. Il mio stupore non riguarda tanto il caso in sé che, purtroppo risulta simile ad altri fatti di cronaca che raccontano episodi analoghi, ma il fatto che, in questo caso, sulla base di quanto leggo sul giornale, l’esito del dramma appariva prevedibile, ma soprattutto PREVENIBILE.

Ad esempio, su: https://www.repubblica.it/cronaca/2021/06/07/news/saman_uccisa_in_13_minuti_lo_zio_l_ha_strangolata_dopo_mio_padre_piangeva_-304736292/?ref=RHTP-BH-I293269148-P2-S1

Viene raccontata tutta la vicenda, ma quello che emerge in sintesi è che la ragazza era già ospite di una comunità protetta e che si era recata nuovamente dai genitori per recuperare i suoi documenti e effetti personali.

Dunque, la situazione di pericolo/disagio era già nota ai nostri servizi sociali e mi chiedo come mai, in casi del genere, si permetta che una persona a rischio venga lasciata sola ad entrare nella tana del leone, senza che venga accompagnata da un assistente sociale o, forse meglio, da qualche agente di pubblica sicurezza.

In sintesi, questa giovane donna non l’abbiamo certo uccisa noi, ma mi sembra, che noi abbiamo permesso che ciò accadesse a causa della nostra “incuria”. Se infatti, gli altri sono “barbari”, noi certamente non ci distinguiamo per l’efficienza con la quale facciamo applicare le nostre regole, i nostri principi e, soprattutto, per come tuteliamo coloro che si affidano alla nostra assistenza e protezione.

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