mercoledì 7 febbraio 2018

Recensione: Sovietistan – Un viaggio in Asia Centrale


“Sovietistan – Un viaggio in Asia Centrale”, titolo originale: “Sovjetistan. En reise giennom Turkmenistan, Kasakhstan, Tadsjikistan, Kirgisistan, og Usbekistan”, di Erika Fatland, traduzione di Eva Kampmann, edizioni Marsilio, 978-88-317-2783-9.

Spesso, poco si sa dell’Asia Centrale e dei Paesi che attualmente per lo più la ricomprendono: Turkmenistan, Kazakistan, Tagikistan, Kirghizistan e Uzbekistan, tutte repubbliche ex-sovietiche. Nell’immaginario di molti quello è sempre stato un territorio di passaggio, liquido e poco definito, del quale, in sintesi, si conosce e trapela quasi nulla; vuoto quanto vasto. Forse fanno eccezioni alcuni nomi come: la Via della Seta, l’esotica Samarcanda (… a proposito, si trova in Uzbekistan!), il lago d’Aral (quel che ne resta è diviso fra il Kazakistan e l’Uzbekistan!) oppure il mitico fiume Oxus (l’Amu Darya), guadato dall’esercito di Alessandro Magno lanciato alla conquista dell’Asia. Ben più spesso però, è assai difficile farsi venire in mente quali possano essere i nomi delle principali città di questa vastissima regione o, riuscire ad aver un’idea della collocazione, delle caratteristiche geografiche, dei popoli, delle risorse e dei confini di ognuno di questi Paesi.

E dire che molti di loro stanno acquisto una crescente importanza geopolitica in virtù delle ingenti risorse che controllano o, anche solo, in funzione della loro posizione geografica. Ciò, tra l’altro, li ha posti inesorabilmente al centro dei grandi eventi che hanno caratterizzato la storia asiatica recente (si pensi ad esempio, alle guerre Afghane) e, in maniera forse più sottile ma pervasiva, ne ha fatto soggetti co-protagonisti di una moderna versione del “Grande Gioco”.

Ecco quindi che giunge provvidenziale questo splendido resoconto di viaggio della giornalista Erika Fatland che mischiando elegantemente storia, politica, cultura, curiosità e colore locale finisce per dissipare un po' del mistero che avvolge queste terre e, soprattutto, ci riporta alla consapevolezza dell’importanza di quella che è da sempre la cerniera o, forse meglio, la cinghia di trasmissione del continente Euro-Asiatico.  

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