La nazionale di calcio è fuori
dai mondiali.
Non che sinceramente me ne
importi molto; di fatto, infatti, tutto ciò sarebbe sostanzialmente irrilevante
se non fosse che si dovrebbe riflettere almeno po' riguardo alle ragioni che,
anno dopo anno stanno portando questo sport, un dì di eccellenza, alla crisi.
Le cause “vere” sono, a mio
avviso scontate e legate al solito fenomeno della “liberalizzazione”.
Stilando un breve elenco, penso
che molti dei fattori remoti scatenanti della crisi vadano ricercati nelle
regole che hanno permesso ai club privati di servirsi prevalentemente di
stranieri a scapito dei vivai. A questo aggiungo poi altre ragioni
strutturalmente almeno altrettanto se non più rilevanti; ad esempio, i bilanci
delle società calcistiche sembrano fatti apposta per riciclare denaro, mentre
la necessità di competere nel mondo dell’entertainment e dello spettacolo
impongono scelte vincolanti per accaparrarsi sponsor, vendere i diritti, ecc..
In sintesi, si è premiata la
politica dei club, soprattutto di quelli più dotati di risorse, a scapito dell’obiettivo
e interesse “nazionale” (posto che abbia ancora senso tale termine); storia
nota in tanti altri settori del nostro tessuto sociale, economico e
industriale.
Oltre a ciò, possiamo sicuramente
nasconderci dietro un dito adducendo le altre tantissime ragioni, alcune delle
quali, anche sociali, basta soffermarsi ad osservare che il calcio non è più il
gioco di strada favorito dagli italiani … anzi, nessuno gioca più in strada!
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.