giovedì 5 ottobre 2017

Movimenti separatisti: qualche riflessione sul tema

I vari movimenti separatisti che mettono a repentaglio l’unità degli Stati nazionali sono da una parte una tardiva vendetta della storia, dall'altra frutto essenzialmente di una visione miope e a corto termine dell’attuale situazione politica e socio economica. Gli errori sono un po’ da distribuirsi nel campo di tutte le istituzioni sia che esse siano locali, nazionali e, persino europee.

 Gli Stati nazionali si sono spesso formati a seguito di violente politiche di annessione e assimilazione del tutto irrispettose delle differenze culturali ed economiche dei territori che venivano mano a mano aggregati. Però, per lustri quando non per secoli, la potenza relativa conseguita dal processo di unificazione è stata anch'essa una garanzia contro le mire di annessione di altri vicini, magari ancora più “alieni” di quelli appartenenti alle élite nazionali dominanti. Vi erano poi una serie di fattori economici legati alla necessità di appropriarsi del controllo di risorse naturali e delle rotte commerciali che richiedevano l’assunzione di una certa taglia; in sintesi, se non eri grosso non potevi contare!

La vendetta della storia si è resa possibile, paradossalmente a seguito del lungo periodo di pace e di prosperità inter europea, ma anche, grazie all’“ordine” mondiale (garantito in sostanza dagli USA) e al liberismo economico (voluto dalle élite economiche) attualmente necessario a garantire le condizioni della cosiddetta “globalizzazione”; in questo momento storico le merci circolano, le risorse si comprano, i mercati sono aperti e non è quindi necessario controllare direttamente ampie porzioni di territorio con presenze militari e burocratiche ingombranti o svilupparne le infrastrutture direttamente, meglio anzi lasciar fare questo lavoro alle élite locali.

Così, apparentemente a seguito di un ragionamento “vincente”, porzioni territoriali, sostanzialmente irrilevanti come singole entità autonome, ma magari ricche di qualche (spesso momentanea) eccellenza e che in passato, data la piccola taglia sarebbero state subito oggetto di contesa di “qualcun altro”, si sono divise dal loro corpo comune (territori ex sovietici, Jugoslavia, Cecoslovacchia), ed altre hanno in animo di fare lo stesso. Ciò avviene, in estrema sintesi, perché si sono indebolite le politiche di controllo interno degli stati nazionali (o delle “false” federazioni) e perché è cessata l’esigenza di fare politica di potenza e fronte comune contro le minacce esterne.

In Europa il fenomeno sembra in crescita sia perché da tempo l’area è ragionevolmente tranquilla ma anche a seguito di una mancanza legata al processo di formazione dell’Unione, purtroppo rimasto incompiuto e sbilanciato sul piano politico. In effetti, su questo piano l’Unione Europea e un’istituzione senza senso e senza vocazione perché non è riuscita a farsi attribuire quei poteri (es., politica estera e difesa) che giustificano la sua esistenza come sovrastruttura a garanzia delle differenze locali e, dall’altra parte, in virtù della sua esistenza e del suo illusorio ombrello unitario, essa ha contribuito a minare l’autorevolezza dei vari Stati nazionali che la costituiscono.

In sintesi il “piccolo” oggi pensa, magari anche con una certa ragione (ma anche con una grossa dose di cinismo ed egoismo), di poter fare a meno della struttura nazionale intermedia perché si illude che ci sia la “Grande Mamma” (la UE) a tutelare i suoi interessi e a proteggerlo qualora fosse necessario … Grosso errore, penso io! Perché stante la situazione attuale delle istituzioni europee questa potrebbe rivelarsi una tragica illusione!

Soluzioni? Una proponibile si può basare sul presupposto che non ha molto senso oggi mettere in discussione il processo storico di formazione degli Stati nazionali; comunque essi si siano formati, adesso ci sono, ed è inutile disintegrarli in nome di differenze e rancori passati con lo scopo di “dissolversi” o “parcellizzarsi” in un illusorio “più grande”. Dall’altra parte, fatto salvo un imprescindibile rapporto mutualistico fra territori nazionali, gli organi centrali devono accettare di delegare di più nei confronti delle periferie in modo da mantenere una coesione basata sul consenso e sull'attuazione di sinergie (mi fa ridere a pensare quanto possa essere temibile l’esercito catalano … o quello lombardo!) per quelle strutture ove abbia un senso ricercarle.


 Forse dunque, il modello di riferimento potrebbe essere la confederazione svizzera.

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