“Le revenu de base
– une idée qui pourrait changer nos vies”, di Olivier Le Naire e Clémentine
Lebon, Actes Sud/Colibris, ISBN 978-2- 330-07241-4.
Breve saggio in francese su di un
argomento che sta lentamente facendosi spazio fra le diverse proposte di
politica sociale e assistenziale.
Gli Autori, prendendo a prestito una delle
tante definizioni create dai comitati promotori, definiscono il “reddito di base” (o “reddito
universale”, “reddito di cittadinanza”, …) come: “ … un diritto inalienabile,
incondizionato, cumulabile con altre rendite, distribuito da una comunità
politica a tutti i suoi membri, dalla nascita alla morte, su base individuale,
senza controlli né esigenza di contropartita, il cui ammontare e le relative
modalità di finanziamento sono determinate democraticamente”.
L’idea del reddito di base è in corso di
maturazione ormai da parecchio tempo e, secondo il parere di molti sostenitori,
persino da secoli, posto che, forse con un po’ di fantasia, più di un accenno a
questo argomento può ritrovarsi nel pensiero e nelle opere di filosofi e
pensatori del passato (gli Autori citano, fra altri esempi, “Utopia”, opera cinquecentesca
del filosofo Thomas Moore).
Comunque la si pensi a riguardo, quantomeno
è ben più certo e documentato che tale idea trovò un certo spazio di dibattito
nel corso della rivoluzione francese (ad esempio ad opera di Thomas Paine).
Al di là di queste curiosità storiche,
bisogna comunque riconoscere che le discussioni legate al reddito di base siano
un tema che rientra ormai spesso nel dibattito politico; basti pensare al fatto
che esso costituisce un punto del programma politico del Movimento Cinque
Stelle in Italia, di movimenti di sinistra come “Podemos” in Spagna e proposte
in questa direzione emergono da diverse forze politiche e movimenti europei (ad
es. in Olanda e Finlandia); in Svizzera tale emolumento è stato recentemente
oggetto di un referendum consultivo, mentre in Alaska viene corrisposto da
alcuni anni ai residenti un “dividendo” a fronte dello sfruttamento delle
risorse petrolifere estratte n loco che, almeno in parte, richiama la
definizione del reddito di base; esso, infine,
è stato oggetto di sperimentazione in alcuni Paesi in via di sviluppo e
negli USA.
Tema interessante non solo perché, un po’
prosaicamente, tocca la sfera della materialità e, in particolare quella dei
redditi, della loro redistribuzione e della fiscalità, ma anche perché allarga
da subito la discussione ad aspetti che abbracciano la sfera dei diritti, le
libertà, l’equità, la dignità e suggeriscono una possibile modalità per rendere
questi concetti effettivamente un po’ più attuabili.
Il reddito di base può anche costituire un
promettente (o rischioso, secondo i detrattori) terreno di esperimento sociale;
infatti, risulta subito chiaro che l’introduzione di questo emolumento,
soprattutto nel caso in cui esso fosse di una certa consistenza, causerebbe un
vero e proprio cambio di paradigma alla nostra società civile, mettendone in
crisi gli assetti istituzionali, ideologici e gerarchici che la reggono, promuovendone,
invece, di altri; basti pensare ad alcune delle nostre consolidate credenze,
per esempio, relativamente al dogma della centralità, necessità e sacralità del
“valore” lavoro.
Anche se risulta abbastanza chiaro come
gli autori siano favorevoli alla misura e ne perorino attivamente il dibattito,
il saggio si presenta agevole e intelligente ed anche relativamente equilibrato
nel lasciare spazio a dubbi e perplessità. Personalmente ho trovato deboli le
argomentazioni del capitolo quattro che si occupa dei modi in cui, il reddito
di base potrebbe essere finanziato, ma a questo proposito, sono gli stessi
autori che si soffermano a sottolineare la criticità di questo aspetto del
dibattito!
Da accogliere e diffondere il messaggio
portante del libro: “promuovere l’idea, discuterne l’applicazione, sperimentarla
con gradualità e prudenza”.
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