venerdì 20 gennaio 2017

Recensioni: Elogio dell’occidente

“Elogio dell’occidente”, di Franco La Cecla, edizioni Elèuthera, ISBN 978-88-98860-19-7.

Un breve saggio, non sempre agevole, che ha lo scopo di cercare di chiarire una serie di contraddizioni che caratterizzano il concetto di “Occidente”.

Occidente, contemporaneamente origine di ogni male ma anche laboratorio abile a trovarne le cure, vero proprio elaboratore di anticorpi capaci di smantellare le storture endogene ed esogene; agente di sopraffazione, generatore di violenza ma anche musa ispiratrice della libertà e del diritto; terra di sfruttamento, ma anche di libere opportunità; società e collettività, ma anche rifugio sicuro dell’individuo.

Per definizione un enigma, un Giano bifronte.

Tale luogo geografico non è esattamente definibile, anche in virtù di vicissitudini storiche che lo hanno dilatato oppure contratto nel corso del tempo o che hanno contribuito a creare isole esterne che si riferiscono e si ispirano ad esso o enclaves interne ai suoi confini geografici che, al contrario, in qualche modo lo rifuggono. In ogni caso, più o meno istintivamente si è coscienti dell’”Occidente”, dell’essere occidentali, e, soprattutto, si sa quando si è ricompresi o si è esclusi da esso.

Occidente, mai tanto odiato, invidiato e desiderato come dai suoi detrattori.

I maggiori esperti di occidente, quasi dotati per natura del radar e dell’istinto percettivo, quasi rabdomantico, che li guida verso di esso, sono comunque i migranti. Proprio loro, spesso a nostro specchio, colgono in pieno e anelano quanto c’è di positivo dello spirito occidentale, contribuendo, tra l’altro a ri-radicare questo sentimento anche in noi, che siamo spesso ignari di quanto questo spirito ed influenza si irradi oltre i suoi confini.


L’Occidente è importante quindi, ed è necessario che tutti recuperiamo la consapevolezza di ciò, che lavoriamo per attenuarne gli impatti negativi e per salvaguardare il buono e il bello che da esso emana e per promuoverlo attivamente, senza vergogne e senza ipocrisie verso l’”altrove”.

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