“Le Otto Montagnei”, di Paolo
Cognetti, edizioni Einaudi, ISBN 978-88-06-22672-5.
È la storia di un’amicizia che lega due
coetanei appartenenti a due ambienti diversi, ma è anche il racconto di un
rapporto padre-figlio un po’ problematico, in fondo, ruvido e poco comunicativo
come le montagne che fanno da sfondo alla vicenda. Uno dei protagonisti è un
cittadino, figlio di un genitore un po’ chiuso e, forse anche per questo
innamorato della fatica fisica e della tensione agonistica necessaria per
godersi l’asprezza tipica dell’alpe d’alta quota; il secondo è un montanaro, un
marghé (margaro) che divide il suo tempo
fra le malghe e le scorrerie nei boschi e fra le baite in rovina, testimoni di un
mondo sempre più in abbandono. Due mondi contigui ma molto differenti,
soprattutto nell’Italia degli anni ottanta (anche se in realtà, la storia
sembra riflettere un periodo ancora meno recente, quello degli anni sessanta,
dove effettivamente le due Italie, quella rurale e quella delle grandi città
sembravano veramente due universi differenti). Il loro legame si sviluppa da
bambini durante le vacanze estive e va avanti fra alti e bassi fino all’età
matura, diventando via via più saldo e profondo.
Bel romanzo veramente, scorrevole e
avvincente, anche se il finale risulta un po’ prevedibile e a me,
personalmente, sgradito (ma come finire, sennò, un libro così?); in più, a ben
vedere qualcosa della storia non quadra. Innanzi tutto, l’ambientazione; io ho
avuto l’impressione che sarebbe stata più realistica inquadrandola qualche anno
prima (almeno un decennio), questo però, in fondo non mi sembra importante; anche
i caratteri dei personaggi, però, mi sono sembrati un po’ troppo netti e, a mio
avviso, un po’ stereotipati. … Questo però per andare a cercare il pelo nell’uovo!
Perché, ripeto, questo è un romanzo che vale la pena leggere.
Bella invece la montagna, non solo perché
si tratta anche delle le “mie” montagne o, quantomeno, di luoghi che conosco
abbastanza bene (Torino e il Canavese sono a due passi dal massiccio del Rosa!),
ma soprattutto perché essa viene
presentata per quel che è, non solamente come un mondo idilliaco di bei
paesaggi e natura, ma anche come luogo povero e desolato, inospitale, deserto, pietroso,
gelido, pericoloso e potenzialmente ostile. Un posto estremo al confine con il
cielo da dove scappare o ove rifugiarsi, comunque lontano da tutto ciò c’è di
buono e cattivo nel nostro modo di vivere da cittadini; un altro mondo appunto,
non necessariamente un mondo migliore.
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