In Italia infuria la polemica sul
“Fertility day”, mentre in Danimarca è stata condotta una campagna (di
successo, pare!) finalizzata alla procreazione. In realtà, un po’ in ogni parte
nel “vecchio occidente si predica e si incita per un aumento del tasso di
natalità, non c’è dubbio servono più bambini …, sotto sotto “bianchi”
preferibilmente, ma questo, per pudore non viene detto J!
Ma non siamo già circa sette miliardi?
Non dovremmo semmai pianificare e, magari, tendere a divenire un po’ meno?
Non scherziamo, questi sarebbero
discorsi da babbei che veramente credono che ciò che conti non sia solo
spiegabile dagli indicatori di crescita economica. In particolare, tutto questo
da fare è, ovviamente, e soprattutto orientato a scongiurare il gap demografico
che vede la presenza percentuale degli anziani ampliarsi sempre più a scapito
delle nuove generazioni … un bel problema! E perché? (pongo la domanda perché
ho già 50 anni … non vorrei, in effetti, cominciare a costituire un “problema”
per la società in cui vivo).
A parer mio, in questa vicenda
siamo presi tutti quanti in giro, giovani, meno giovani e anziani. Cercherò ora
di portare qualche elemento per spiegare il perché.
I temi sul tavolo sono fondamentalmente
due, dei quali uno sbandierato e l’altro sottaciuto.
Il tema sempre citato fa leva,
come è noto, sull’equilibrio del welfare e, in particolare del sistema
pensionistico (non parlerò invece, e forse si dovrebbe, di quello sanitario!); i vecchietti campano troppo (mannaggia a loro!) e i giovani sono
troppo pochi (ma comunque troppi per avere tutti un lavoro!); così, diamine! Lo
capirebbe chiunque, il sistema non regge
finanziariamente.
Eh????
Apparentemente il ragionamento
non fa una grinza. In realtà “grinze” e “pecche” ce ne sono eccome in questo modo
di pensare che nasconde la mancanza di volontà e l’incapacità dei governi andati
e presenti di gestire un gravissimo errore strutturale di natura finanziaria
che nasce dal passato, quando i sistemi pensionistici, anche e soprattutto per
ragioni politiche, o meglio, elettorali, non erano basati su sistemi
contributivi, ma distribuivano denaro in funzione, non tanto dei versamenti dei
contribuenti, ma degli ultimi (e più alti) stipendi in vigore al termine dell’attività
lavorativa. A questo poi si aggiungevano e si aggiungono altri oneri addossati
al sistema pensionistico: in passato, vantaggi riservati soprattutto ai
dipendenti pubblici ai quali si permetteva di pensionarsi ancora in età giovanissima,
godendo di fatto, di rendite magari non elevate ma comunque semi-eterne; c’erano
poi pensioni sociali distribuite con “largesse”, sussidi di disoccupazione,
casse integrazioni ed altre prebende tutte distribuite a piene mani attingendo
alle casse che si dovevano occupare di “previdenza” e non di “assistenza” e fu
così che “prendi – prendi”, alla fine si è creata una montagna di debiti da
pagare!
Intendiamoci subito! È
giustissimo che uno Stato civile si occupi sia di garantire le rendite
pensionistiche dei lavoratori, sia di gestire tutte le altre forme di rendita
(pensioni sociali, assegni di integrazione dei redditi, assegni di invalidità,
ecc.) e gli ammortizzatori sociali (sussidi di disoccupazione, cassa
integrazione, ecc.), ma è strutturalmente sbagliato mescolare il frutto dei contributi
dei lavoratori (di fatto comparabile a dei programmi personali di rendita
e risparmio finanziario) agli altri interventi di assistenza che, ovviamente,
non vanno fatti attingendo alle casse previdenziali ma che vanno gestiti sotto
responsabilità dei governi in carico quando e se ci sono i denari per
sostenerli, indebitandosi magari, perché no! Se questo è necessario, ma sempre
distinguendo chiaramente le scelte e le finalità e, soprattutto, le
responsabilità.
Ma perché fin da subito non si
sono fatte le cose per bene?
È noto che, soprattutto in
passato, nessuno aveva voglia di affrontare razionalmente e strutturalmente
questi temi, e poi diciamolo, per la classe politica era, ed è, bello poter
distribuire denaro a tutti gli elettori senza farsi problemi per un “doman” per
il quale, notoriamente “non v’é certezza” (teniamo conto, tra l’altro che si
era in piena competizione con quei cattivoni barbari che stavano in agguato dietro
il “Muro” pronti a stigmatizzare alla luce del “sol dell’avvenire” ogni segno
di debolezza dell’odioso e plutocratico sistema capitalista!).
Per farla breve, la popolazione
era in crescita, c’era il baby boom e le economie occidentali erano in pieno
sviluppo, per quanto si spendesse c’era comunque un esercito di nuovi
lavoratori che ripianavano il buco e, se, e sottolineo “se” le cose
fossero andate avanti così, non ci sarebbero stati problemi …
Ahi! Sembra che un po’ tutti noi
abbiamo delle difficoltà a comprendere i meccanismi legati alla “capitalizzazione
composta” e, un po’ per propaganda, un po’ per innato ottimismo un po’ perché in
fondo ragioniamo tutti sulla base del “après moi le déluge” , proprio non
riusciamo ad accettare che, capitalizzando e capitalizzando, i mucchietti
divengono presto montagne impossibili da scalare! E poi, ormai si è capito, le
economie in sviluppo hanno forti accelerazioni (tutti noi rimpiangiamo i “favolosi
trent’anni”) per poi tornare (quando va bene) a sonnecchiare. Le tigri rifiatano
dopo la gran corsa, i leoni si sdraiano all’ombra per riposare e digerire …
così fanno pure le economie!
Dunque arriviamo al punto. Ne in
passato e neanche adesso, le nostre pensioni (o meglio, l’effettiva possibilità
di percepire una qualsivoglia pensione) dipendevano e dipendono effettivamente
dai soldi che abbiamo versato nel corso della vita lavorativa, questo,
semplicemente, perché tali denari e/o i loro frutti, in gran parte non ci sono
più! Certo, non dovrebbe essere così, ma così è perché, semplicemente, i soldi che
abbiamo accantonato attraverso i versamenti, quelli che dovrebbero essere da
qualche parte in cassaforte, oppure investiti in meravigliosi veicoli d’investimento
(e qui ci sarebbe di nuovo da ridere e da ridire!) sono già stati spesi per
pagare le attuali rendite pensionistiche, quelle degli “altri”, dei già pensionati,
per essere più chiari, ancora prima che noi li versassimo.
Ciò che è cambiato è solo il metodo
in base al quale si può fare la “previsione” di quanto ci verrà di pensione
che, ora, contrariamente dal passato, dipende effettivamente dai contributi versati
e da altri calcoletti. Ripeto, però, i soldi nostri non ci sono! Sono già stati
spesi, ed è per questo che, ogni due per tre, salta fuori qualcuno a dire che,
andando avanti così, il sistema non reggerà, che bisogna allungare l’età
pensionabile e/o … e qui finalmente veniamo al dunque! Che ci servono più
migranti e più bambini! Leggessi, più “contribuenti”.
Ecco il punto, ci servono
migranti e/o bambini (che divengano poi lavoratori), che poi effettivamente trovino
impiego (cosa ancora da vedersi, oggigiorno!) e versino contributi alle casse
previdenziali sempre più esangui! Perché, in fondo, qui sta il punto, il
sistema si regge ancora sulla fondamento marce di chi l’ha costruito.
Veniamo però adesso al tema
sottaciuto.
Abbiamo visto che ci servono
migranti e/o bambini per risolvere i nostri problemi di strutturale insolvenza.
Diciamolo subito, i migranti, di norma giungono da noi già in età lavorativa, ci
piaccia o no, cominciano spesso fin da subito a contribuire alla soluzione di
questo problema perché, nonostante le dicerie ed anche qualche fatto, i più
vengono da noi per lavorare (e se lo fanno in nero non è colpa loro ma dei
datori di lavoro!). Da qui nasce una certa ambiguità della classe politica verso
questa genia che, da una parte si vuole perché utile e dall’altra si teme perché
invisa agli elettori.
I migranti, infatti, risolvono
dei problemi ma ne creano altri … non sono tutti bellissimi (come noi per
altro), spesso sono troppo abbronzati e non sono sempre dei Lords portandosi
dietro quelle che per noi sono un sacco di cattive abitudini da correggere (diamine!
Manco sanno stare sulla spiaggia in costume da bagno, per esempio!), i bambini,
invece … beh effettivamente non lavorano da subito, ma almeno possiamo crescerceli
come “noi altri” che in fondo ci piace di più! “Moglie e buoi dei paesi tuoi!”
dicevano saggiamente i nostri nonni! Se poi ci sono altri problemi come la
mancanza di nidi e strutture, uno scarso supporto per le famiglie e qualche
difficoltà declinata al femminile per conciliare lavoro e prole, poco male … ci
penseremo.
Andate e moltiplicatevi!
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