martedì 23 febbraio 2016

Recensione: "I Figli di Húrin"


“I Figli di Húrin”, titolo originale: “Narn I Chin Hurin – The Tale of the Children of Húrin”, di J.R.R Tolkien, traduzione di Caterina Ciuferri Bompiani, ISBN: 978-88-452-5961-6.
In questo romanzo l’Autore recupera e riscrive uno dei capitoli del “Silmarillon”, la storia di “Túrin Turambar”, figlio di Húrin, re e condottiero degli Edain (uomini) della casa di Hador. Il racconto amplia una parte importante delle storie della “Prima Era” relativamente alle guerre del Beleriand, una delle regioni della Terra di Mezzo e luogo dove è ambientato il noto ciclo fantasy del “Signore Degli Anelli”, capolavoro del medesimo Autore.
La vicenda ruota intorno alla maledizione che grava sulla discendenza di Húrin che finirà per condizionare tragicamente la vita dei suoi famigliari e di quanti li accompagnano, ed in particolare, quella del figlio Túrin e della sorella Niënor.
Il romanzo è veramente bellissimo e, per me, la lettura di quest’opera ha avuto la capacità di recuperare in pochi istanti le atmosfere da sogno e di intensa partecipazione che mi aveva lasciato più di trent’anni fa la lettura dello splendido ciclo del “Signore degli Anelli”. Per quanto mi riguarda, ottengo l’ennesima dimostrazione dell’eccezionalità dell’opera di Tolkien, che non si applica solo alle singole opere, ma che viene esaltata dall’impianto globale, dalla profondità e dalla vastità dell’intero ciclo epico/fantasy da lui creato.
Per quanto riguarda “I Figli di Hurin”, bisogna comunque tenere presente che lo stile vuole volutamente recuperare il linguaggio epico, la teatralità della tragedia greca e la metrica della saga e, pertanto, la trama, i fatti e la forma narrativa vanno interpretati in questo contesto e non fermarsi all’apparenza, di una forma che, vista in un’ottica contemporanea, può far sembrare datato il linguaggio del racconto e il carattere dei personaggi.
Potrei anche aggiungere che, letto in chiave moderna, con l’occhio di chi, permeato di razionalismo, non crede alle maledizioni, la saga di Túrin, il suo comportamento e le conseguenze che ne derivano a lui e a tutti coloro che gli sono vicini, potrebbe apparire in tutt’altra luce da quella presentata dall’Autore. Mi piace pensare che, forse, anche questa modalità di lettura insolita e certamente non voluta da Tolkien, potrebbe risultare interessante e valevole di qualche considerazione.

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