“Il Magico Potere del Riordino – Il
metodo giapponese che trasforma i vostri spazi e la vostra vita”, titolo
originale: “JINSEI GA TOKIMEKU KATAZUKE NO MAHO”, di Marie Kondo, traduzione di
Francesca Di Berardino, edizioni Vallardi, ISBN: 978-88-6731-519-2.
Fatta la dovuta premessa per ricordare che
non sarebbe logico attendersi chissà quali perle letterarie da un libro che,
sostanzialmente fa parte del filone dei manuali di “self improvement”, posso senza
dubbio dire che “Il Magico Potere del Riordino” sia una lettura leggera e, preso
nel giusto contesto, finisca per essere piacevole, interessante, abbastanza
curioso e, in fondo, persino utile.
Iniziando dall’” utilità”, qualche
consiglio efficace emerge sicuramente, ma non vi aspettate chissà quali
soluzioni brillanti. A parte qualche consiglio pratico che riguarda le modalità
per organizzare le operazioni di riordino, alla fine l’Autore ci ricorda più
che altro una norma di buon senso alla quale, penso, eravamo, tutto sommato,
giunti tutti quanti. Sentirsela ripetere, comunque, è tutt’altro che inutile!
La parola d’ordine è “Buttare”; non dobbiamo diventare succubi degli oggetti,
dobbiamo valutare bene gli acquisti ed evitare sindromi compulsive e/o di
accaparramento. Soprattutto se abbiamo poco spazio a disposizione, dobbiamo imparare
a disfarci del superfluo; di più! Dobbiamo imparare a liberarci di tutti quegli
oggetti vissuti che non ci trasmettono più emozioni o, peggio, che ci tengono
ancorati ad un passato ormai tramontato impedendoci di vivere meglio il
presente e il futuro.
L’avere il coraggio di disfarsi delle
cose è il tema centrale del libro e il modo di descrivere tale attività è anche
l’aspetto curioso e interessante di quest’opera. Personalmente ho notato (ma me
l’aspettavo) che l’Autore affronta questa attività in un modo che definirei, con
qualche eufemismo, un pochino “eccessivo”. Ma ricordiamoci che stiamo parlando
di un Giapponese! “Loro”, quando descrivono e si dedicano ad un’attività da
compiere, anche se apparentemente banale, lo fanno (in teoria, non sempre in
pratica!) con un fervore che noi riusciamo difficilmente a comprendere. Questo
atteggiamento mentale riassume alcune delle migliori caratteristiche e delle
peggiori inclinazioni di questo splendido popolo capace di precisione,
costanza, pazienza, dedizione e portatore di un senso estetico sobrio e, a mio
avviso, affascinante, ma che, dall’altro lato, ci appare anche imprigionato in
forme di costrizione, nevrosi e fanatismi alle quali noi “mediterranei” siamo decisamente
più immuni.
Insomma, oltre alle loro decine di
versioni di arti marziali alle quali si dedicano con fervore fanatico, essi
realmente si appassionano ad attività come “L’arte di disporre i fiori recisi”
(Ikebana o Kadò), “l’arte della scrittura” (Shodò) oppure, all’arte “dell’acqua
calda per il tè” (“Cha no yu” oppure “Chadò”) … e che sia chiaro, non li sto prendendo
(troppo) in giro! Non stupitevi quindi se qualcuno di essi, mentre acchiappa le
mosche con le bacchette di bambù, un bel giorno vi suggerisce di immergervi per
un paio di decenni nella pace di un tempio shintoista ad osservare le carpe nel
laghetto allo scopo di poter realmente afferrare il significato dell’attività
di riordino della vostra cameretta! :-)
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.