venerdì 3 luglio 2015

Recensione: "Il Magico Potere del Riordino"


“Il Magico Potere del Riordino – Il metodo giapponese che trasforma i vostri spazi e la vostra vita”, titolo originale: “JINSEI GA TOKIMEKU KATAZUKE NO MAHO”, di Marie Kondo, traduzione di Francesca Di Berardino, edizioni Vallardi, ISBN: 978-88-6731-519-2.
Fatta la dovuta premessa per ricordare che non sarebbe logico attendersi chissà quali perle letterarie da un libro che, sostanzialmente fa parte del filone dei manuali di “self improvement”, posso senza dubbio dire che “Il Magico Potere del Riordino” sia una lettura leggera e, preso nel giusto contesto, finisca per essere piacevole, interessante, abbastanza curioso e, in fondo, persino utile.
Iniziando dall’” utilità”, qualche consiglio efficace emerge sicuramente, ma non vi aspettate chissà quali soluzioni brillanti. A parte qualche consiglio pratico che riguarda le modalità per organizzare le operazioni di riordino, alla fine l’Autore ci ricorda più che altro una norma di buon senso alla quale, penso, eravamo, tutto sommato, giunti tutti quanti. Sentirsela ripetere, comunque, è tutt’altro che inutile! La parola d’ordine è “Buttare”; non dobbiamo diventare succubi degli oggetti, dobbiamo valutare bene gli acquisti ed evitare sindromi compulsive e/o di accaparramento. Soprattutto se abbiamo poco spazio a disposizione, dobbiamo imparare a disfarci del superfluo; di più! Dobbiamo imparare a liberarci di tutti quegli oggetti vissuti che non ci trasmettono più emozioni o, peggio, che ci tengono ancorati ad un passato ormai tramontato impedendoci di vivere meglio il presente e il futuro.
L’avere il coraggio di disfarsi delle cose è il tema centrale del libro e il modo di descrivere tale attività è anche l’aspetto curioso e interessante di quest’opera. Personalmente ho notato (ma me l’aspettavo) che l’Autore affronta questa attività in un modo che definirei, con qualche eufemismo, un pochino “eccessivo”. Ma ricordiamoci che stiamo parlando di un Giapponese! “Loro”, quando descrivono e si dedicano ad un’attività da compiere, anche se apparentemente banale, lo fanno (in teoria, non sempre in pratica!) con un fervore che noi riusciamo difficilmente a comprendere. Questo atteggiamento mentale riassume alcune delle migliori caratteristiche e delle peggiori inclinazioni di questo splendido popolo capace di precisione, costanza, pazienza, dedizione e portatore di un senso estetico sobrio e, a mio avviso, affascinante, ma che, dall’altro lato, ci appare anche imprigionato in forme di costrizione, nevrosi e fanatismi alle quali noi “mediterranei” siamo decisamente più immuni.
Insomma, oltre alle loro decine di versioni di arti marziali alle quali si dedicano con fervore fanatico, essi realmente si appassionano ad attività come “L’arte di disporre i fiori recisi” (Ikebana o Kadò), “l’arte della scrittura” (Shodò) oppure, all’arte “dell’acqua calda per il tè” (“Cha no yu” oppure “Chadò”) … e che sia chiaro, non li sto prendendo (troppo) in giro! Non stupitevi quindi se qualcuno di essi, mentre acchiappa le mosche con le bacchette di bambù, un bel giorno vi suggerisce di immergervi per un paio di decenni nella pace di un tempio shintoista ad osservare le carpe nel laghetto allo scopo di poter realmente afferrare il significato dell’attività di riordino della vostra cameretta! :-)



 

 

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