lunedì 13 luglio 2015

Caso Grecia: Chi ha vinto? ... Un bilancio personale ...


Nel giorno dell’avvenuto accordo far il Governo greco e Eurosummit faccio un po’ fatica a districarmi sulle diverse versioni che sembrano emergere dai mezzi di informazione. Questo è stato il tema costante di questi giorni, dove ho avuto l’impressione che il giudizio dei mass media nei confronti della linea di resistenza greca e dell’iniziativa referendaria prima, e delle varie fasi che hanno portato all’accordo dopo, fosse quanto meno ondivago.
A questo punto, mi sgancio da tutte queste chiacchere e provo a dare un giudizio personale, a pelle, sui recenti avvenimenti senza tenere troppo conto dei cosiddetti dati oggettivi che, a quanto pare “oggettivi” non sono per niente (ma insomma! I greci le riforme negli ultimi anni le hanno fatte oppure no? Vanno in pensione a 50 anni oppure no! Hanno un sacco di dipendenti pubblici sfaccendati si o no?)! … Possibile che non ci sia la possibilità di ottenere una serie di dati comparati senza dover passare le giornate sulla rete a vagliare dati inaffidabili? … ma lasciamo perdere …
Tornando a noi:
-          Io penso innanzi tutto che il governo greco sia stato coraggioso, tanto coraggioso da sfiorare l’imprudenza e l’impudenza. Anche la scelta di indire un referendum è stata una scelta da capogiro, ma pure coerente con il mandato che lo stesso esecutivo aveva ricevuto (devo ammettere che io avrei votato “si”, non fosse altro che per codardia!). Hanno rischiato veramente di finire fuori dall’euro a pedate, ma ci hanno dato anche una grande lezione di democrazia (magari anche di populismo che, comunque con la democrazia c’entra eccome!). Soprattutto, ci hanno ricordato, e sarebbe bene non dimenticarlo subito, che l’Unione Europea deve diventare anche una questione politica e non limitarsi a poco più di un’unione doganale con una politica economica e monetaria lasciata in appannaggio alle banche e ai grandi gruppi industriali. Per me non è mai stato così chiaro (e spero che lo sia anche a molti altri) che è necessario impegnarsi maggiormente per potenziare il governo UE. Sennò i grandi problemi che stanno alle porte (sicurezza e immigrazione) e in seno (disparità economiche e sociali) all’Unione non verranno né affrontati né risolti e finiranno per travolgerci.   
-          Ora Syriza rischia di spaccarsi e Tsipras è accusato di aver ceduto alle richieste delle autorità monetarie. Lo scissionismo è la malattia endemica della sinistra, ci sono sempre duri e puri disposti a resistere ad ogni cedimento e fisiologicamente portati al muro contro muro (lungo il quale, spesso e volentieri vorrebbero allineare il loro oppositori in modo da poter risolvere definitivamente e fisicamente il problema), la politica però, è l’arte del compromesso e, a parer mio, mi sembra che il governo greco non avesse troppi altri margini di manovra; posta la questione di principio, toccava fare i “compiti a casa” o tornare alla dracma. Riguardo a Tsipras, ammetto di non conoscere il suo curriculum personale e, pertanto, non penso di poterlo giudicare, ma noto che alcuni dei provvedimenti che ha posto in essere, parlo almeno dell’eliminazione delle agevolazioni sull’IVA per le isole e delle tasse sugli armatori, vadano nella direzione che io ritengo corretta per una maggior equità fiscale. L’omogeneizzazione dell’IVA (tassa che normalmente non condivido e che, considero un po’ barbara per un sistema fiscale evoluto) non solo ridistribuisce il costo delle riforme fra la Grecia insulare (che ha patito di meno!) e quella metropolitana (che ha patito molto), ma è anche l’unica possibile per garantire un minimo di gettito in una società che è propensa, forse anche più dell’Italia, ad evadere il fisco in tutti i modi. Per quanto riguarda gli armatori, invece, essi sono storicamente i “ricchi” di Grecia, lobby potente e assai tutelata! Da dove quindi dovrebbe partire in Grecia una politica fiscale redistributiva se non da loro? E che dovrebbe fare un governo di sinistra se non tassare loro?
-          Si legge, infine, che i tedeschi avrebbero “umiliato” i greci http://www.lastampa.it/2015/07/13/economia/il-premier-belga-c-laccordo-sulla-grecia-8m1EEnyt50Ie1JocvR9gfO/pagina.html). Io, di nuovo, non credo neppure a questo! Alla fine si tratta di una partita che, moralmente non ha visto né vinto né vincitori. I “nordici” (non solo i tedeschi!) hanno tenuto duro ribadendo, con una certa ragione, che non si possono usare “due pesi e due misure” e, stante le regole in vigore “ora”, non ci sono alternative al rigore per quegli stati che non sono capaci di tenere i loro conti in ordine. Soprattutto, non si può (e non è moralmente corretto!) costringere alcuni paesi a dure politiche per risanare i conti pubblici e ad altri consentire di continuare sulla strada delle mancate riforme (posto che per la Grecia sia effettivamente così!). I greci, supportati dai giudizi di più di un economista, (vedi ad esempio, Krugman, Stigliz e Piketty) hanno invece ricordato che una maggior unione politica forse permetterebbe di mettere in atto politiche diverse dalla semplice austerity. Ma per arrivare a ciò, aggiungo io, bisognerebbe avere gli strumenti per poter decidere tutti insieme (e torniamo alla politica!), un sistema di regole che permetta di mettere in atto un ciclo espansivo (magari un po’ drogato da qualche intervento in stile Keynesiano) ma che, nel contempo, ci metta al riparo dagli “sbracamenti”, dalle “promesse da marinaio” e dalle ricette facilone (svalutazioni competitive, finanziamenti a pioggia ma, soprattutto agli “amici”, spese pubbliche dissennate e programmi di costruzione faraonici di cattedrali nel deserto …!) spesso proposte in passato dalla nostra, quasi mai responsabile, classe politica. Bisogna poi dire, rimanendo sul pragmatico, che per il futuro i greci continueranno ad avere dalla loro il “problema” del debito (per le banche non vi è nulla di più spinoso di un grosso debito inesigibile!) e, pertanto, se le riforme non funzioneranno, i creditori perderanno i loro soldi, quelli già erogati fino ad ora e quelli di prossima erogazione. Un conto salato per l’affermazione di un principio! Dunque, ai “tedeschi” rimane il punto segnato in favore del rispetto delle regole ma anche (a loro e a noi) il possibile aggravio di perdita se le cose non dovessero andare per il verso giusto.
-          Infine, al di là delle ragioni e dei possibili ragionamenti, per me, è un grosso sollievo poter pensare ai greci come facenti ancora a pieno titolo della “famiglia”. A supporto di questa sensazione, non ho particolari ragioni razionali da addurre, ma solo ragioni di “pancia”, solo la sensazione che, senza di loro, l’idea di Europa sarebbe un po’ meno brillante.

 

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