Nel giorno dell’avvenuto accordo
far il Governo greco e Eurosummit faccio un po’ fatica a districarmi sulle
diverse versioni che sembrano emergere dai mezzi di informazione. Questo è
stato il tema costante di questi giorni, dove ho avuto l’impressione che il
giudizio dei mass media nei confronti della linea di resistenza greca e dell’iniziativa
referendaria prima, e delle varie fasi che hanno portato all’accordo dopo, fosse
quanto meno ondivago.
A questo punto, mi sgancio da
tutte queste chiacchere e provo a dare un giudizio personale, a pelle, sui
recenti avvenimenti senza tenere troppo conto dei cosiddetti dati oggettivi
che, a quanto pare “oggettivi” non sono per niente (ma insomma! I greci le riforme
negli ultimi anni le hanno fatte oppure no? Vanno in pensione a 50 anni oppure
no! Hanno un sacco di dipendenti pubblici sfaccendati si o no?)! … Possibile
che non ci sia la possibilità di ottenere una serie di dati comparati senza
dover passare le giornate sulla rete a vagliare dati inaffidabili? … ma
lasciamo perdere …
Tornando a noi:
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Io penso innanzi tutto che il governo greco sia
stato coraggioso, tanto coraggioso da sfiorare l’imprudenza e l’impudenza.
Anche la scelta di indire un referendum è stata una scelta da capogiro, ma pure
coerente con il mandato che lo stesso esecutivo aveva ricevuto (devo ammettere
che io avrei votato “si”, non fosse altro che per codardia!). Hanno rischiato
veramente di finire fuori dall’euro a pedate, ma ci hanno dato anche una grande
lezione di democrazia (magari anche di populismo che, comunque con la
democrazia c’entra eccome!). Soprattutto, ci hanno ricordato, e sarebbe bene
non dimenticarlo subito, che l’Unione Europea deve diventare anche una
questione politica e non limitarsi a poco più di un’unione doganale con una politica
economica e monetaria lasciata in appannaggio alle banche e ai grandi gruppi
industriali. Per me non è mai stato così chiaro (e spero che lo sia anche a
molti altri) che è necessario impegnarsi maggiormente per potenziare il governo
UE. Sennò i grandi problemi che stanno alle porte (sicurezza e immigrazione) e
in seno (disparità economiche e sociali) all’Unione non verranno né affrontati
né risolti e finiranno per travolgerci.
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Ora Syriza rischia di spaccarsi e Tsipras è
accusato di aver ceduto alle richieste delle autorità monetarie. Lo
scissionismo è la malattia endemica della sinistra, ci sono sempre duri e puri
disposti a resistere ad ogni cedimento e fisiologicamente portati al muro
contro muro (lungo il quale, spesso e volentieri vorrebbero allineare il loro
oppositori in modo da poter risolvere definitivamente e fisicamente il
problema), la politica però, è l’arte del compromesso e, a parer mio, mi sembra
che il governo greco non avesse troppi altri margini di manovra; posta la
questione di principio, toccava fare i “compiti a casa” o tornare alla dracma. Riguardo
a Tsipras, ammetto di non conoscere il suo curriculum personale e, pertanto,
non penso di poterlo giudicare, ma noto che alcuni dei provvedimenti che ha
posto in essere, parlo almeno dell’eliminazione delle agevolazioni sull’IVA per
le isole e delle tasse sugli armatori, vadano nella direzione che io ritengo
corretta per una maggior equità fiscale. L’omogeneizzazione dell’IVA (tassa che
normalmente non condivido e che, considero un po’ barbara per un sistema
fiscale evoluto) non solo ridistribuisce il costo delle riforme fra la Grecia
insulare (che ha patito di meno!) e quella metropolitana (che ha patito molto),
ma è anche l’unica possibile per garantire un minimo di gettito in una società
che è propensa, forse anche più dell’Italia, ad evadere il fisco in tutti i
modi. Per quanto riguarda gli armatori, invece, essi sono storicamente i “ricchi”
di Grecia, lobby potente e assai tutelata! Da dove quindi dovrebbe partire in
Grecia una politica fiscale redistributiva se non da loro? E che dovrebbe fare
un governo di sinistra se non tassare loro?
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Si legge, infine, che i tedeschi avrebbero “umiliato”
i greci http://www.lastampa.it/2015/07/13/economia/il-premier-belga-c-laccordo-sulla-grecia-8m1EEnyt50Ie1JocvR9gfO/pagina.html).
Io, di nuovo, non credo neppure a questo! Alla fine si tratta di una partita
che, moralmente non ha visto né vinto né vincitori. I “nordici” (non solo i
tedeschi!) hanno tenuto duro ribadendo, con una certa ragione, che non si
possono usare “due pesi e due misure” e, stante le regole in vigore “ora”, non
ci sono alternative al rigore per quegli stati che non sono capaci di tenere i
loro conti in ordine. Soprattutto, non si può (e non è moralmente corretto!) costringere
alcuni paesi a dure politiche per risanare i conti pubblici e ad altri consentire
di continuare sulla strada delle mancate riforme (posto che per la Grecia sia
effettivamente così!). I greci, supportati dai giudizi di più di un economista,
(vedi ad esempio, Krugman, Stigliz e Piketty) hanno invece ricordato che una
maggior unione politica forse permetterebbe di mettere in atto politiche diverse
dalla semplice austerity. Ma per arrivare a ciò, aggiungo io, bisognerebbe avere
gli strumenti per poter decidere tutti insieme (e torniamo alla politica!), un
sistema di regole che permetta di mettere in atto un ciclo espansivo (magari un
po’ drogato da qualche intervento in stile Keynesiano) ma che, nel contempo, ci
metta al riparo dagli “sbracamenti”, dalle “promesse da marinaio” e dalle
ricette facilone (svalutazioni competitive, finanziamenti a pioggia ma, soprattutto
agli “amici”, spese pubbliche dissennate e programmi di costruzione faraonici
di cattedrali nel deserto …!) spesso proposte in passato dalla nostra, quasi
mai responsabile, classe politica. Bisogna poi dire, rimanendo sul pragmatico, che
per il futuro i greci continueranno ad avere dalla loro il “problema” del
debito (per le banche non vi è nulla di più spinoso di un grosso debito
inesigibile!) e, pertanto, se le riforme non funzioneranno, i creditori
perderanno i loro soldi, quelli già erogati fino ad ora e quelli di prossima
erogazione. Un conto salato per l’affermazione di un principio! Dunque, ai “tedeschi”
rimane il punto segnato in favore del rispetto delle regole ma anche (a loro e
a noi) il possibile aggravio di perdita se le cose non dovessero andare per il
verso giusto.
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Infine, al di là delle ragioni e dei possibili
ragionamenti, per me, è un grosso sollievo poter pensare ai greci come facenti ancora
a pieno titolo della “famiglia”. A supporto di questa sensazione, non ho
particolari ragioni razionali da addurre, ma solo ragioni di “pancia”, solo la
sensazione che, senza di loro, l’idea di Europa sarebbe un po’ meno brillante.
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