“I Fratelli Karamazov”, titolo
originale: “Brat'ja Karamazovy”, di Fëdor Dostoevskij, traduzione di Agostino
Villa, edizioni Einaudi, ISBN: 978-88-06-22033-4.
A mio avviso l’opera di Dostoevskij merita ancora la sua fama di
capolavoro, quanto meno per la rilevanza che ancora caratterizza alcuni dei
temi trattati e a causa della notorietà che lo circonda e che continua ad
alimentarne la critica.
A parte queste considerazioni ed anche un
po’ più modestamente, è bene aggiungere che il romanzo è bello al di là e nonostante
la sua fama un po’ ingombrante. Una volta cominciata l’opera e non appena ci si
sia abituati ad uno stile ormai un po’ superato, si arriva ad un punto dove,
come per ogni buon racconto, si desidera semplicemente sapere come andrà a
finire la faccenda e cosa succederà ai diversi comprimari. Da un altro punto di
vista, però, se si tiene conto che i personaggi e le situazioni descritte
cominciano a sentire il peso degli anni e ad apparire, di conseguenza, un po’
forzati, forse comincia ad essere legittimo ritenere di poter sottrarsi al
compito di digerirne la non modesta mole senza sentirsi per questo troppo in
colpa verso il nostro vecchio professore di letteratura del liceo.
Personalmente, dopo “Delitto e Castigo”
del medesimo Autore aspettavo l’occasione per leggere anche quest’opera e, in
particolare, ero interessato a inquadrare più esattamente all’interno della
stessa il famoso e forse abusato pezzo della “Leggenda del Grande Inquisitore”
che appare nel libro quinto del romanzo. L’occasione me l’ha data la recente
uscita di un saggio incentrato sul medesimo argomento “Liberi Servi – Il Grande
Inquisitore e l’enigma del Potere” di Gustavo Zagrebelsky (Einaudi ISBN
978-88-06-20458-7). A questo punto, ho sciolto gli indugi e le vele!
Ho
trovato che “La leggenda” regga ancora e pienamente la fama che la circonda;
per me si tratta di un pezzo di grande letteratura. Forse, però, se si è
interessati solo ad essa, non vale la pena di leggersi tutte le 1033 pagine che
costituiscono la presente edizione al solo scopo di inquadrarla al meglio.
A me, per altro, queste mille e passa
pagine non sono pesate e vorrei anche aggiungere che sarebbe assai limitativo
ridurre la bellezza e l’importanza di quest’opera alle poche decine di pagine attraverso
le quali si sviluppa “La leggenda”. Essa costituisce, infatti, sicuramente una
parte notissima ed importante del romanzo, ma non può comunque assumere una
tale evidenza da potersi sostituire ad esso e neppure per poterlo rappresentare
efficacemente e completamente.