“Il Grande Califfato”, di Domenico
Quirico, edizioni Neri Pozza, ISBN: 978-88-545-0891-0.
Domenico Quirico,
giornalista de La Stampa è un grande conoscitore delle società islamiche.
Prigioniero di un gruppo jihadista in Siria per un periodo di cinque mesi nel
corso del 2013, ha anche sperimentato sulla propria persona gli effetti perversi
dell’estremismo islamico. Ne “Il Grande Califfato” descrive un fenomeno sia
geografico sia storico, le cui radice risalgono lontane nel tempo. L’idea del
Califfato, nel mondo islamico è vecchia di secoli e si riaggancia, dal punto di
vista dei musulmani, soprattutto di quelli più militanti, all’età dell’oro di
quella istituzione politica e religiosa che è l’Islam, quella dello slancio
iniziale, prolungato e dilagante che li portò a estendere la loro fede per
buona parte di tre continenti. Più recentemente però, anche i semi di questo
ritorno sono germogliati lontano nel tempo, Quirico li fa risalire fin alle
guerre di Cecenia. Lentamente, il
testimone passa da gruppo estremista a gruppo estremista, mentre il
fondamentalismo muta e passa dal caratterizzare aspetti locali e circoscritti ad
assumere un aspetto globalizzato per poi, infine, incarnarsi in un progetto
politico e territoriale preciso, il Califfato dell’ISIS che, si insedia in
Siria e Iraq ma raccoglie adesioni in tutto il mondo islamico, dal Medioriente
al Maghreb, giù fino all’Africa Nera dei Boko Haram e al Corno d’Africa degli
Shebab, nelle steppe dell’Asia e nelle periferie delle città europee. Quirico
quindi ci porta in giro per buona parte di quelle terre che furono e, in parte
sono ancora, il “Dar al Islam”, i territori dove storicamente si estese il
dominio musulmano e, attraverso un continuo andirivieni fra passato e presente,
ci dimostra come le radici del fondamentalismo debbano essere ricercate lontane
nel tempo L’Autore ci spiega, in parte
le ragioni di tale fenomeno che, ovviamente, nasce innanzi tutto dalla crisi,
dal sottosviluppo e da conflitti etnici e generazionali che oppongono popolazioni
immiserite e deluse e giovani disoccupati e ormai privi di speranze a élite
politiche corrotte o, comunque, incapaci di affrontare efficacemente il loro
problemi. L’Autore ci mostra anche i limiti della nostro modello culturale e
politico, incapace anch’esso di assimilare veramente le seconde e persino terze
generazioni di immigrati e, neanche troppo tra le righe, critica la nostra
debolezza spirituale, l’incapacità del mondo occidentale di proporre, al di là
di un modello consumista e di un ideale democratico sempre meno credibile pure
ai nostri occhi, un’alternativa morale convincente che vada a contrapporsi al
manicheismo di matrice islamica.
A mio avviso, però, la
visione dell’Autore ha anche qualche difetto, Quirico individua chiaramente le
cause del male ma non è altrettanto esplicito nell’illustrare una soluzione. Il
saggio si chiude con una descrizione della battaglia di Poitier (732 d.C.), per
alcuni scontro marginale, per altri evento storico che determinò l’arresto
della prima marea islamica. Così inizia il capitolo, citando L’Anonimo di
Cordoba: “Al momento dell’attacco … i popoli del nord restarono immobili, come
un muro di ghiaccio, stretti gli uni contro gli altri come immobilizzati dal
freddo, e uccisero gli Arabi a colpi di spada …”.
Qual è il messaggio?
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