lunedì 10 febbraio 2014

Recensione: I Padroni del Cibo


“I Padroni del Cibo”, titolo originale: “Stuffed and Starved”, di Raj Patel, traduzione di Giancarlo Carlotti, edizioni Feltrinelli, ISBN978-88-07-17156-7.
Un libro interessante che lascia impressioni ambivalenti. Apparentemente si tratta della solita “tirata” in stile no-global contro le multinazionali e lo strapotere del sistema distributivo che controlla il mercato delle “commodities”. Se si rimane quindi in superficie rispetto al messaggio centrale dell’Autore, si finisce per vivere la lettura con un certo fastidio perché tutti quelli che si considerano “informati” conoscono già molti dei problemi esposti: le devastazioni sociali, economiche e ambientali legate alla pratica della monocultura (caffè, cacao, soia, cereali, ecc.), i tanti ragionamenti contro o a favore delle coltivazioni OGM ivi comprese le considerazioni di ordine demografico, gli effetti dell’uso intensivo dei pesticidi, le lotte per l’accaparramento e il controllo dell’”oro blu” (l’acqua dolce), le strategie di marketing delle grandi catene di distribuzione e così via. Soprattutto noi che siamo al capo finale di questa catena produttiva e commerciale e che, soprattutto godiamo (o pensiamo di fruire!) dei vantaggi di questo sistema, spesso siamo tentati di lasciarci ogni approfondimento alle spalle perché convinti, da una parte di essere, tutto sommato, beneficiari di tutto ciò e dall’altra, ritenendoci impotenti e, pertanto, impossibilitati ad apportare alcun particolare cambiamento.
Se si ha, invece un po’ di pazienza, il saggio si presta anche a una lettura più in profondità, la quale ci lascia intravvedere la possibilità di mettere in atto comportamenti individuali diversi che, sommati assieme, producano effetti sensibili. In primo luogo, l’Autore si sforza di dimostrarci che, nonostante tutta la nostra pseudo conoscenza, finiamo per adeguarci al nostro ruolo di “pecoroni”, ma in più, egli ci provoca intelligentemente insinuando il dubbio che, tra l’altro, non siamo neanche tanto bravi a fare i conti e a curare il nostro reale interesse.  Alla fine emergono dei messaggi chiari fra i quali:
1)      Badate alla qualità e alla varietà di ciò che mangiate. Piuttosto (se potete permettervelo!) spendete un po’ di più (perché la qualità costa), ma accertatevi della provenienza dei vostri acquisti preferendo, possibilmente, le produzioni stagionali e locali. Attenti alla “finta” qualità (es. gli pseudo –bio)!

2)      Pretendete informazione “vera”, quindi etichette che spieghino esattamente cosa state mangiando e da dove provengano tutte le diverse componenti. Il cibo deve essere “tracciabile”.

3)      Sforzatevi di analizzare seriamente i vostri comportamenti di acquisto; quello che volete lo desiderate veramente voi o ve lo hanno messo in testa? E soprattutto, quanto fa bene o, all’opposto, danneggia la vostra salute?

4)      Sforzatevi di considerare l’alimentazione come un atto “culturale”, pensando che ha ampie ricadute, in particolare sulla vostra salute, ma anche economiche e sociali.
Un’ultima curiosità. Il libro dedica una parte non insignificante al fenomeno “slow food” e forse, non tutti sanno che questo movimento, ormai di respiro internazionale, e impegnato nel recupero della cultura alimentare, è nato in Italia nel 1986 a Bra, in Piemonte (Fonte Wikipedia).

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