domenica 16 febbraio 2014

Recensione: Il Terrore Rosso in Russia (1918-1923)


“Il Terrore Rosso in Russia (1918-1923)”, titolo originale: “Krasnyi terror v Rossii 1918-1923”, di Sergej P. Mel’gunov, traduzione di Sergio Rapetti, edizioni Jaca Book, ISBN 978-88-16-40954-5.
 Per capire più chiaramente le motivazioni e i contenuti di questo libro è, probabilmente, necessario rifarsi all’esperienza di vita dell’Autore: Sergej Mel’gunov nasce a Mosca nel 1879 in una famiglia aristocratica (fonte Wikipedia). D’ideologia liberale, durante i moti rivoluzionari del 1905 aderisce al partito del Costituzionali - democratici, i cosiddetti “cadetti” di tendenze di sinistra, per poi passare al partito dei Socialisti - popolari, compagine spostata ideologicamente più verso il “centro”. Nel medesimo periodo comincia a occuparsi di editoria e conosce lo scrittore Lev Tolstoj, del quale, dopo la morte curerà la pubblicazione delle opere complete in collaborazione con la figlia di questi. Nel 1917 appoggia la rivoluzione di “Febbraio” auspicando la formazione di un’ampia coalizione di forze socialiste e progressiste che si oppongano ai tentativi controrivoluzionari di matrice reazionaria, ma l’ala politica dei riformisti moderati è presto emarginata dalla presa di potere dei bolscevichi avvenuta nell’ottobre 1917. Fra il 1918 e il 1922 subisce diversi arresti e perquisizioni da parte delle autorità sovietiche. Nel 1920 nel corso di un processo è condannato a morte, ma la pena viene commutata a dieci anni di carcere grazie all’intercessione dell’Accademia delle scienze e di altri intellettuali e scrittori (fra i quali il pensatore anarchico Kropotkin); rilasciato di prigione nel 1921, è espulso dalla Russia nel 1922. Nel 1923 pubblica a Berlino “Il Terrore Rosso in Russia (1918-1923)” per poi stabilirsi definitivamente in Francia dove continuerà a occuparsi attivamente di organizzazioni anticomuniste, rifiutandosi però di collaborare con i regimi nazifascisti durante la seconda guerra mondiale. Muore in Francia nel 1956.
Un libro di fortissimo impatto emotivo che s’incarica di ricostruire con dovizia di particolari e con una tenace cura delle fonti il periodo del cosiddetto “Terrore Rosso”, la strategia repressiva esplicitamente terroristica messa in atto dal governo sovietico per rafforzare la propria presa sul potere appena conquistato. Le immagini di esecuzioni e torture sono particolarmente forti e impressionanti e pertanto, in casi come questi non si può parlare di “bei libri”, ma semmai di documentazioni realistiche e credibili. Per quanto riguarda la veridicità dei fatti, non penso che, oggigiorno qualcuno possa avere seriamente dei dubbi riguardo a quanto esposto dall’Autore; non dopo tutte le testimonianze, le pubblicazioni demografiche e gli studi storici che hanno riguardato l’esperimento del comunismo sovietico nel periodo pre-stalinista. E’ però emotivamente differente leggere delle statistiche riguardanti il numero, le condizioni e le caratteristiche delle vittime e, invece, ricevere descrizioni dettagliate su come effettivamente avveniva il processo di annientamento degli oppositori o meglio, anche dei semplici “non simpatizzanti”. Inoltre, storicamente, può anche essere interessante per qualche ideologo e nostalgico, l’essere costretti a meditare di fronte ai fatti esposti da Mel’gunov e riguardanti il carattere originariamente genocida della rivoluzione bolscevica, che fu consapevolmente violenta fin dall’inizio e non solo “deviata” o “tradita” nei suoi ideali dalla successiva deriva stalinista.
“Il Terrore Rosso in Russia (1918-1923)” è stato pubblicato in diverse lingue nel corso degli anni venti del novecento (tedesco, russo, inglese, francese e spagnolo) ma non esiste un’edizione italiana dello stesso periodo e questa, se non erro, è la prima traduzione di questo resoconto che sia stata pubblicata nella nostra lingua. 

 
 

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