lunedì 1 aprile 2013

Recensione: Giustizia per i Ricci


“Giustizia per i Ricci”, titolo originale: “Justice for Hedgehogs”, di Ronald Dworkin, traduzione di Valeria Ottonelli, edizioni Feltrinelli, ISBN: 978-88-07-10489-3.
Il titolo riprende un verso del poeta greco Archiloco secondo il quale: “ la volpe sa molte cose, ma il riccio ne sa una grande”. In conformità a questa immagine, già il filosofo Isaiah Berlin, nel suo saggio omonimo (“il riccio e la volpe”) distingueva fra due grandi famiglie di spiriti: alle volpi appartengono coloro che, forse più eclettici, proseguono molti fini, spesso disgiunti e non di rado in mutua contraddizione; i ricci, invece, s’identificano in chi riconduce tutto a una visione centrale.
L’Autore attraverso una mirabile sintesi del suo pensiero filosofico difende i “ricci” e riporta in auge un’antica tesi: quella dell’”Unità del Valore”, sostenendo la sua applicabilità a tutti quegli aspetti della vita che fanno di noi degli esseri umani compiuti, indipendenti, responsabili, razionali e sociali.
La teoria del Valore viene messa alla prova applicandola a tutto ciò che appare umanamente rilevante: innanzi tutto il concetto di “Verità”, a seguire quelli di “Giustizia”, “Libertà”, “Etica”, “Morale”, “Politica” e di tutte le loro implicazioni più rilevanti riscontrabili sia a livello individuale e personale sia su quello istituzionale, collettivo e sociale.
Bello, forte e confortante il fulcro sul quale si basa tutta questa elaborazione del pensiero, quello che l’Autore definisce come il: “Principio dell’indipendenza metafisica del Valore”, il quale, se da una parte mette al riparo dallo scetticismo morale e da una certa visione nichilista della vita, dall’altra apre la strada a una visione laica della teoria del Valore che evita di scomodare per forza un Dio o un qualche principio originale che si ponga alla base delle nostre percezioni rispetto a ciò che è intrinsecamente “giusto”.
Mi è apparso anche fondamentale ed elegante l’enunciazione del principio di “Responsabilità” declinato nell’opera. Secondo Dworkin, posto che in ogni forma di rapporto sociale non è dato aspettarsi fra diversi soggetti un accordo completo riguardo alle difformi interpretazioni che ognuno può elaborare riguardo alla definizione dei concetti che compongono la teoria del Valore (giustizia, libertà, democrazia, etica, morale, ecc.), serve una teoria della responsabilità morale che abbia una forza sufficiente per affermare almeno quanto segue:
-    “Non siamo d’accordo, ma riconosco l’integrità delle tue argomentazioni. Riconosco la tua responsabilità morale”.
Oppure:
-    “Siamo d’accordo, ma nel formare la tua opinione non sei stato responsabile. E’ solo un caso che entrambi si concordi riguardo a questo concetto”.
In sintesi, la teoria del Valore richiede l’elaborazione personale di una teoria della responsabilità morale che permetta a ogni individuo la creazione di una rete di concetti interpretativi rispetto alle rispettive intime credenze riguardanti i diversi aspetti del Valore. Tale intreccio deve servire al soggetto che l’ha predisposto nel corso del tempo come un filtro per prendere decisioni in campo etico e morale. Una tale trama non ha necessità di reggersi su un principio originario e metafisico (che comunque non viene necessariamente negato!) ma sull’interdipendenza di tutte le sue componenti.  Il filtro dipende dalla nostra vita, dalle nostre esperienze e dalle nostre caratteristiche personali ed è quindi il prodotto, della “storia” soggettiva e personale e della costante tensione evolutiva apportata dall’esperienza e dal rapporto intrattenuto con gli altri soggetti.
Non ho nient’altro da aggiungere sennonché ho trovato questo libro veramente molto bello oltre che ben argomentato. Rispetto a moltissimi aspetti mi trovo completamente d’accordo con l’Autore e trovo la teoria del Valore moderna, razionale e persino consolatoria nonché in linea con quella che potrei definire come “teoria del perfezionamento” alla quale non solo credo fermamente, ma alla quale spero anche di riuscire ad applicarmi.

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