mercoledì 25 luglio 2012

Recensione: Shantaram

“Shantaram”, di Gregory David Roberts, traduzione di Vincenzo Mingiardi, edizioni Neri Pozza, ISBN 978-88-545-0057-0.

Il protagonista del libro, giovane studente di filosofia e attivista politico, eroinomane e separato dalla moglie, nel 1978 viene condannato per una serie di rapine a mano armata. Nel 1980 fugge da un carcere di massima sicurezza australiano e si unisce a una banda di bykers, anch’essi rapinatori, poi, consigliato da un suo vecchio insegnante, decide di smettere la vita del bandito di strada e ripara in India a Mumbay. Qui la sua vita cambierà, mettendo in piena evidenza quel carattere di profonda umanità che le negative esperienze precedenti avevano offuscato e che gli farà guadagnare il nome di Shantaram, in marathi: “Uomo della pace di Dio”. Greg, ribattezzato Lin dall’amico indiano Prabaker, s’integrerà completamente nella società multietnica della città e nella cultura indiana; imparerà a parlare fluentemente l’hindi e il marathi, vivrà in un villaggio della provincia agricola e negli slum, dove si farà conoscere e amare aiutando la gente e approntando uno studio di pronto soccorso, trafficherà con i turisti e con la piccola delinquenza e infine si affilierà a una famiglia mafiosa della città. Qui, sotto la tutela di Abdel Khader Khan, capo della famiglia, ma anche carismatica figura di guru e filosofo, Lin svolgerà un ruolo di rilevo nel campo della falsificazione dei documenti e del contrabbando, proverà le galere indiane e parteciperà al conflitto afghano rimanendo ferito; soprattutto però sarà profondamente influenzato e cambiato dall’etica e dalla filosofia mistica del suo mentore e padrino.
Il libro è un’opera di fantasia che s’ispira alle vere esperienze dell’Autore, Gregory David Roberts che, nella realtà ha effettivamente vissuto gli episodi essenziali raccontati nella trama del romanzo. L’opera appare impegnativa, essendo di più di mille pagine, eppure personalmente ho trovato che sia scorsa veloce e senza annoiare mai. La raccomando volentieri per la lettura.
A titolo di curiosità. Avevo sentito parlare di questo romanzo fin dal 2008, quando, per coincidenza ho avuto una breve esperienza di lavoro proprio a Mumbay. Anche se ovviamente il contesto della mia breve permanenza non è assolutamente paragonabile con quanto, viene narrato nel libro, a lettura ultimata devo convenire con l’Autore riguardo ai molti aspetti positivi degli indiani e riguardo allo strano fascino che esercita questa metropoli piena di contrasti che convivono, apparentemente pacificamente, a stretto contatto. E poi,… ma quanto sono incredibili le piogge monsoniche in una città di tale fatta!?

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