lunedì 23 luglio 2012

Recensione: Le Mani sulla Banca – Il caso Fondazione Cassa di risparmio di Cuneo

“Le Mani sulla Banca – Il caso Fondazione Cassa di risparmio di Cuneo”, di Carlo Benigni, edizioni Donzelli, ISBN 978-88-8036-723-5.

Ecco cosa può capitare ad un lettore curioso ed onnivoro quando si mette a girovagare fra gli stand dei piccoli editori alla Fiera del Libro! Questo titolo, comunque interessante, penso di averlo letto solo io, l’Autore e (spero) l’editore!

Il libro tratta di fatto che si potrebbe definire “marginale” ma che è particolarmente significativo per illustrare il rapporto non sempre trasparente che sussiste fra le fondazioni bancarie e le banche stesse delle quali le fondazioni sono azionisti di riferimento. I fatti riguardano la Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo e la Banca Regionale Europea, società controllata dal gruppo Ubi Banca (fra i cinque maggiori in Italia), ma della quale la fondazione è azionista di riferimento, detenendo il 25% della partecipazione.
I fatti raccontati dall’Autore risalgono al 2010 e possono essere riassunti come segue: nonostante gli ottimi risultati conseguiti dall’istituto di credito, nel marzo 2010 la fondazione delibera la sfiducia nei confronti del presidente della Banca Regionale Europea i cui mandati di presidente della banca e di membro del consiglio di gestione del gruppo sono in scadenza. La decisione è particolarmente inattesa e, secondo l’Autore, spiazza il milieu economico della provincia di Cuneo essenzialmente per le seguenti ragioni:
1) Pochi giorni prima la Fondazione, con decisione presa all’unanimità, aveva proposto la riconferma del presidente uscente per entrambe le cariche.
2) La fiducia del mondo imprenditoriale verso il dirigente uscente è pressoché unanime, stante anche i lusinghieri risultati economici raggiunti dall’istituto.
3) Non emerge nessun fatto oggettivo comportamentale o gestionale che possa apparentemente giustificare un così radicale mutamento di giudizio da parte della Fondazione.
Nei giorni successivi non giungono spiegazioni esaurienti che giustifichino l’accaduto (ma appena dopo esploderà la polemica con tanto d’interrogazioni parlamentari!), in compenso però, trapelano delle informazioni che fanno sospettare un possibile conflitto d’interesse riguardante alcuni membri della Fondazione e una possibile infrazione del codice etico dell’istituzione da parte degli stessi. Si viene a sapere, infatti, che l’azienda di proprietà del presidente della Fondazione versa in gravi condizioni economiche ed è appena stata rifinanziata grazie all’intervento di una società che fa capo al presidente del collegio sindacale della Fondazione. A molti quindi non appare casuale che, proprio il “cavaliere bianco” assuma una delle due cariche vacanti, quella di membro del consiglio di gruppo e di conseguenza fioccano le polemiche, posto che, la decisione presa dalla Fondazione appare clamorosamente configurabile come uno scambio di favori se non proprio come un vero e proprio indennizzo per l’impegno finanziario profuso.
Questa la sintesi della vicenda e il succo del libro che, nello stile del giornalismo investigativo, alla fine non fa altro che riassumere la vicenda presentando il quadro della storia e i vari interventi degli organi d’informazione e le esternazioni dei politici, dei notabili e degli imprenditori locali.
Si potrebbe cinicamente pensare, posto che siamo abituati a ben peggiori misfatti, che in fondo si tratti di una vicenda provinciale di ben poca importanza (anche se riguarda le vicende di un primario gruppo bancario nazionale!), tanto più se si nota, ed è bene sottolinearlo, come in fondo non sia stato commesso nessun reato. Infatti, il mancato rinnovo di una carica (anche non motivato) rientra fra gli atti assolutamente legittimi da parte degli azionisti di una società, mentre il conflitto di interessi (difficile da provare!) e l’eventuale infrazione del codice etico della Fondazione rientrerebbero fra i fatti “privati” da appurare al suo interno nell’interesse dell’istituzione (che però è rappresentata e governata dagli stessi potenziali “rei colpevoli”!). Tuttavia, di là dalla vicenda, il libro ha il pregio di portare all’attenzione il problema mai risolto dei rapporti fra gli istituti di credito e le Fondazioni che su di essi esercitano ancora un notevole controllo. Nelle intenzioni del Ministro Amato, promotore della legge che le istituì nei primi anni novanta, le Fondazioni dovevano essere istituzioni temporanee funzionali alla privatizzazione delle banche e avrebbero dovuto esaurire velocemente la loro funzione di veicoli verso il mercato uscendo dal loro ruolo di controllanti di quella quota, allora ed ancor oggi rilevante delle banche italiane, pena divenire (com’è successo!) delle anomalie. Il mondo politico però, non si è fatto sfuggire l’occasione di impadronirsi di uno strumento che ha un potere economico e decisionale rilevante e che, soprattutto, è terreno di lottizzazione e fonte di cariche e sinecure lautamente remunerate. Pertanto, il ruolo delle Fondazioni nel settore bancario è lungi dall’essere divenuto irrilevante, ma anzi, è divenuto mano a mano sempre più strategico come crocevia per le lobby e i gruppi di interesse, magari persino rigorosamente bipartisan, ma comunque affratellati dal desiderio di sfruttare un patrimonio che, a rigor di logica, apparterrebbe alla collettività.

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