“I Padroni del Cibo”, titolo originale: “Stuffed and
Starved”, di Raj Patel, traduzione di Giancarlo Carlotti, edizioni Feltrinelli,
ISBN978-88-07-17156-7.
Un libro interessante che lascia impressioni
ambivalenti. Apparentemente si tratta della solita “tirata” in stile no-global contro
le multinazionali e lo strapotere del sistema distributivo che controlla il
mercato delle “commodities”. Se si rimane quindi in superficie rispetto al
messaggio centrale dell’Autore, si finisce per vivere la lettura con un certo
fastidio perché tutti quelli che si considerano “informati” conoscono già molti
dei problemi esposti: le devastazioni sociali, economiche e ambientali legate
alla pratica della monocultura (caffè, cacao, soia, cereali, ecc.), i tanti
ragionamenti contro o a favore delle coltivazioni OGM ivi comprese le
considerazioni di ordine demografico, gli effetti dell’uso intensivo dei
pesticidi, le lotte per l’accaparramento e il controllo dell’”oro blu” (l’acqua
dolce), le strategie di marketing delle grandi catene di distribuzione e così
via. Soprattutto noi che siamo al capo finale di questa catena produttiva e
commerciale e che, soprattutto godiamo (o pensiamo di fruire!) dei vantaggi di
questo sistema, spesso siamo tentati di lasciarci ogni approfondimento alle
spalle perché convinti, da una parte di essere, tutto sommato, beneficiari di
tutto ciò e dall’altra, ritenendoci impotenti e, pertanto, impossibilitati ad
apportare alcun particolare cambiamento.
Se si ha, invece un po’ di pazienza, il saggio si
presta anche a una lettura più in profondità, la quale ci lascia intravvedere
la possibilità di mettere in atto comportamenti individuali diversi che,
sommati assieme, producano effetti sensibili. In primo luogo, l’Autore si
sforza di dimostrarci che, nonostante tutta la nostra pseudo conoscenza,
finiamo per adeguarci al nostro ruolo di “pecoroni”, ma in più, egli ci provoca
intelligentemente insinuando il dubbio che, tra l’altro, non siamo neanche
tanto bravi a fare i conti e a curare il nostro reale interesse. Alla fine emergono dei messaggi chiari fra i
quali:
1)
Badate alla qualità e alla varietà di ciò che mangiate.
Piuttosto (se potete permettervelo!) spendete un po’ di più (perché la qualità
costa), ma accertatevi della provenienza dei vostri acquisti preferendo,
possibilmente, le produzioni stagionali e locali. Attenti alla “finta” qualità
(es. gli pseudo –bio)!
2)
Pretendete informazione “vera”, quindi etichette che
spieghino esattamente cosa state mangiando e da dove provengano tutte le
diverse componenti. Il cibo deve essere “tracciabile”.
3)
Sforzatevi di analizzare seriamente i vostri comportamenti di
acquisto; quello che volete lo desiderate veramente voi o ve lo hanno messo in
testa? E soprattutto, quanto fa bene o, all’opposto, danneggia la vostra
salute?
4)
Sforzatevi di considerare l’alimentazione come un atto
“culturale”, pensando che ha ampie ricadute, in particolare sulla vostra salute,
ma anche economiche e sociali.
Un’ultima curiosità. Il libro dedica una parte non
insignificante al fenomeno “slow food” e forse, non tutti sanno che questo
movimento, ormai di respiro internazionale, e impegnato nel recupero della
cultura alimentare, è nato in Italia nel 1986 a Bra, in Piemonte (Fonte
Wikipedia).