mercoledì 18 dicembre 2013

Recensione: Il bonobo e l’ateo: In cerca di umanità fra i primati


“Il bonobo e l’ateo: In cerca di umanità fra i primati”, titolo originale “The Bonobo and the Atheist. In Search of Humanism Among the Primates”, Frans de Waal, traduzione di Libero Sosio, edizioni Raffaello Cortina, ISBN: 978-88-6030-600-5.
Frans de Waal è un primatologo olandese naturalizzato americano, del quale avevo sentito parlare già qualche fa grazie a un articolo apparso sulla rubrica “Tutto Scienze” del quotidiano La Stampa intitolato “Noi, le scimmie buone” (La Stampa 14/09/2011).
Sostanzialmente, nel libro egli riprende ed espande i concetti già espressi allora, il tema principale del saggio è incentrato sull’origine della moralità. L’Autore sostiene che, sulla base delle ricerche effettuate su alcuni animali e, in particolare sulle scimmie antropomorfe, si può ipotizzare e affermare con un certo grado di certezza che per l’uomo, i concetti alla base dei comportamenti che potremmo definire “morali” siano preesistenti all’avvento della religiosità; anzi, è probabile che la stessa religione sia, invece, il frutto di una codificazione successiva sviluppatesi al fine di facilitare la vita sociale in società organizzate via, via più complesse.
De Waal sviluppa questo concetto sulla base dell’esperienza scientifica sua e di altri maturata sia nel campo della zoologia sia attraverso le recenti scoperte rese possibili dallo sviluppo delle neuroscienze e incentrate sullo studio delle aree cerebrali interessate al cosiddetto “circuito dell’empatia”. Sembra che uomini e scimmie antropomorfe (e altri animali) abbiano un cervello empatico; questa capacità d’immedesimazione negli altri soggetti, suggerita in campo neurologico dalla scoperta dei neuroni a specchio, ci predispone a una socialità positiva senza doppi fini, smentendo in questo, in buona parte, il filone filosofico ed evoluzionista legato all’”utilitarismo”. Per De Waal, l’uomo nasce fondamentalmente “buono” perché predisposto a comprendere e fare sue le emozioni degli altri.
Queste tesi spingono l’Autore ad approdare a una visione personale equilibrata e moderata nei confronti della religiosità, tanto che la sua critica, già espressa nel titolo dell’opera, si rivolge più agli atei militanti che verso i credenti. Nei confronti dei primi, esprime l’augurio che essi smettano di “dormire furiosamente”, immagine che coglie la contraddizione di chi si ostina a condurre con fervore “religioso” una campagna contro tali credenze. I credenti, invece, sono invitati a rifuggire l'approccio dogmatico e a non irrigidirsi su una visione arretrata e obsoleta delle cose.
L’Autore fa anche di più perché mette in guardia dallo sviluppare un cieco fideismo nei confronti della scienza che, secondo il suo modo di pensare, rimane un insostituibile strumento per accrescere le nostre conoscenze, ma che non può essa stessa assumere i caratteri di una religione “della ragione”. De Waal, al contrario, invita a non rigettare l’elemento sensibile e istintivo nel nostro essere “umani” perché inscindibile e altrettanto importante rispetto alle capacità raziocinanti.
In sintesi, ne viene fuori un libro molto bello, interessante e pacato che mescola in modo equilibrato le esperienze scientifiche dell’Autore, la sua visione filosofica e un certo amore per l’arte espressa attraverso l’ammirazione dell’opera di un grande pittore fiammingo, Hieronymus Bosch, che grazie a una delle sue opere di maggior interesse, il “Il Giardino delle Delizie”, fa da sfondo a molte delle osservazioni contenute in questo libro.

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