“Il bonobo e l’ateo: In cerca di
umanità fra i primati”, titolo originale “The Bonobo and the Atheist. In Search
of Humanism Among the Primates”, Frans de Waal, traduzione di Libero Sosio, edizioni
Raffaello Cortina, ISBN: 978-88-6030-600-5.
Frans de Waal è un primatologo olandese
naturalizzato americano, del quale avevo sentito parlare già qualche fa grazie
a un articolo apparso sulla rubrica “Tutto Scienze” del quotidiano La Stampa
intitolato “Noi, le scimmie buone” (La Stampa 14/09/2011).
Sostanzialmente, nel libro egli
riprende ed espande i concetti già espressi allora, il tema principale del saggio
è incentrato sull’origine della moralità. L’Autore sostiene che, sulla base
delle ricerche effettuate su alcuni animali e, in particolare sulle scimmie
antropomorfe, si può ipotizzare e affermare con un certo grado di certezza che
per l’uomo, i concetti alla base dei comportamenti che potremmo definire
“morali” siano preesistenti all’avvento della religiosità; anzi, è probabile
che la stessa religione sia, invece, il frutto di una codificazione successiva
sviluppatesi al fine di facilitare la vita sociale in società organizzate via,
via più complesse.
De Waal sviluppa questo concetto sulla
base dell’esperienza scientifica sua e di altri maturata sia nel campo della
zoologia sia attraverso le recenti scoperte rese possibili dallo sviluppo delle
neuroscienze e incentrate sullo studio delle aree cerebrali interessate al
cosiddetto “circuito dell’empatia”. Sembra che uomini e scimmie antropomorfe (e
altri animali) abbiano un cervello empatico; questa capacità d’immedesimazione
negli altri soggetti, suggerita in campo neurologico dalla scoperta dei neuroni
a specchio, ci predispone a una socialità positiva senza doppi fini, smentendo
in questo, in buona parte, il filone filosofico ed evoluzionista legato all’”utilitarismo”.
Per De Waal, l’uomo nasce fondamentalmente “buono” perché predisposto a
comprendere e fare sue le emozioni degli altri.
Queste tesi spingono l’Autore ad
approdare a una visione personale equilibrata e moderata nei confronti della
religiosità, tanto che la sua critica, già espressa nel titolo dell’opera, si
rivolge più agli atei militanti che verso i credenti. Nei confronti dei primi,
esprime l’augurio che essi smettano di “dormire furiosamente”, immagine che coglie
la contraddizione di chi si ostina a condurre con fervore “religioso” una
campagna contro tali credenze. I credenti, invece, sono invitati a rifuggire l'approccio
dogmatico e a non irrigidirsi su una visione arretrata e obsoleta delle cose.
L’Autore fa anche di più perché mette
in guardia dallo sviluppare un cieco fideismo nei confronti della scienza che,
secondo il suo modo di pensare, rimane un insostituibile strumento per
accrescere le nostre conoscenze, ma che non può essa stessa assumere i
caratteri di una religione “della ragione”. De Waal, al contrario, invita a non
rigettare l’elemento sensibile e istintivo nel nostro essere “umani” perché inscindibile
e altrettanto importante rispetto alle capacità raziocinanti.
In sintesi, ne viene fuori un
libro molto bello, interessante e pacato che mescola in modo equilibrato le esperienze
scientifiche dell’Autore, la sua visione filosofica e un certo amore per l’arte
espressa attraverso l’ammirazione dell’opera di un grande pittore fiammingo,
Hieronymus Bosch, che grazie a una delle sue opere di maggior interesse, il “Il
Giardino delle Delizie”, fa da sfondo a molte delle osservazioni contenute in
questo libro.
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