La richiesta fatta a Giorgio Napolitano
di tornare in campo come Presidente della Repubblica e la sua elezione mi
lasciano sconcertato. Ovviamente, pensando ad altre candidature sono contento,
il Presidente, durante il suo intero mandato, ma soprattutto negli ultimi due
anni, è forse l’unico soggetto politico che ha dimostrato di avere la “testa
sulle spalle”, senso di responsabilità verso il Paese, rispetto per le
istituzioni e visione strategica. Gli “altri” invece si sono semplicemente
dimostrati incompetenti. Giorgio Napolitano, però è un uomo anziano sulla
soglia dei novant’anni e, nonostante tutto, anche la sua figura ha di
riflesso subito un offuscamento a seguito del “pasticcio” creatosi a partire
delle ultime elezioni. Una figura come lui aveva diritto al riposo e,
soprattutto, a non essere coinvolto nelle prossime fasi della nostre
tragicomiche che, nel migliore dei casi, saranno travagliate e complicate. E’
comunque penoso e sintomatico che un’intera classe politica si dimostri così immatura, smarrita e infantile dal
dover dipendere da un solo uomo.
lunedì 22 aprile 2013
mercoledì 17 aprile 2013
Scelta del Presidente della Repubblica: Stefano Rodotà - Una buona proposta da M5S
Anche se non posso certo dirmi
d’accordo con la linea tenuta dal M5S dopo le ultime elezioni, devo dire che ho
apprezzato l’appoggio dal movimento alla candidatura alla carica di Presidente
della Repubblica di Stefano Rodotà. Rispetto al resto delle proposte: D’Alema,
Prodi, Marini, Gabanelli ed anche lo
stesso Amato, mi sembra che una figura come Rodotà, se non altro in virtù del suo
curriculum di studi giurisprudenziali, sia più indicata e equilibrata per assumere il ruolo di Presidente. Dal punto di vista personale, aggiungo che,
proprio Rodotà si è distinto in passato nel porre in primo piano la questione “morale”,
argomento che, stante la situazione, dovrebbe tornare urgentemente di moda.
Fra le sue pubblicazioni, relativamente a questo argomento: “Elogio del Moralismo”, editrice Laterza, ISBN: 978-88-420-9889-8.
domenica 7 aprile 2013
Recensione: Il Complesso di Telemaco – Genitori e figli dopo il tramonto del padre
“Il Complesso di Telemaco –
Genitori e figli dopo il tramonto del padre”, di Massimo Recalcati, edizioni
Feltrinelli, ISBN: 978-88-07-17255-7.
Un libro interessante, scritto
però in un linguaggio un po’ difficoltoso per quelli che, come il sottoscritto,
non hanno famigliarità con i termini e con le basi della teoria psicoanalitica.
L’Autore elabora la sua tesi da una delle formulazioni più note del pensiero
freudiano: il complesso di Edipo. A partire da esso, egli espone una teoria
che descrive una sorta di evoluzione storica del rapporto fra padri e figli
che, partendo dalla figura edipica, rappresentativa del conflitto generazionale,
passa attraverso la figura di Narciso che vede quasi una commistione di ruoli e
di desideri fra genitori e figli, per pervenire a una nuova figura di figlio,
quella di Telemaco. Egli, confuso e spiazzato dalla crisi, deluso dalla caduta
delle aspettative e dalla precedente fase narcisistica che ha sconvolto e
mescolato il ruolo di entrambe le generazioni, aspetta il ritorno del “padre”, di chi deve riportare l’ordine, visto come ripristino della “Legge della
parola”, cioè di quei freni che, posti a contenimento delle nostre pulsioni e
passioni, ci umanizzano dandoci il senso del limite e la giustificazione del
nostro essere “sociali”.
Come premesso, si tratta di concetti complessi per chi,
come me, ha una conoscenza molto limitata di questi temi e, pertanto, non sono
certo di avere colto tutto ciò che l’Autore aveva da dire. Eppure, un messaggio
del libro mi è apparso chiarissimo; serve effettivamente un “ritorno”, il
ripristino di un patto fra generazioni che permetta ai nostri figli una visione
positiva del futuro. La figura di Telemaco incarna in maniera particolarmente
evocativa queste legittime aspettative da parte dei nostri figli. E' pero' il riferimento,
seppur indiretto, al personaggio di Ulisse quello che mi ha colpito. Il re di
Itaca, effettivamente, infine torna dal mare a ripristinare la legge. Anche secondo
Omero il suo non è però il ritorno di un eroe, egli giunge in segreto, senza
alcuna pompa, senza gli squilli di tromba del settimo cavalleria e in una
maniera molto umana e, se vogliamo, molto attuale, porta con sé l’esperienza
del marinaio, ma soprattutto quella del naufrago.
lunedì 1 aprile 2013
Recensione: Giustizia per i Ricci
“Giustizia per i Ricci”, titolo
originale: “Justice for Hedgehogs”, di Ronald Dworkin, traduzione di Valeria
Ottonelli, edizioni Feltrinelli, ISBN: 978-88-07-10489-3.
Il titolo riprende un verso del
poeta greco Archiloco secondo il quale: “ la volpe sa molte cose, ma il riccio
ne sa una grande”. In conformità a questa immagine, già il filosofo Isaiah Berlin,
nel suo saggio omonimo (“il riccio e la volpe”) distingueva fra due grandi
famiglie di spiriti: alle volpi appartengono coloro che, forse più eclettici, proseguono
molti fini, spesso disgiunti e non di rado in mutua contraddizione; i ricci,
invece, s’identificano in chi riconduce tutto a una visione centrale.
L’Autore attraverso una mirabile
sintesi del suo pensiero filosofico difende i “ricci” e riporta in auge un’antica
tesi: quella dell’”Unità del Valore”, sostenendo la sua applicabilità a tutti
quegli aspetti della vita che fanno di noi degli esseri umani compiuti, indipendenti,
responsabili, razionali e sociali.
La teoria del Valore viene messa
alla prova applicandola a tutto ciò che appare umanamente rilevante: innanzi
tutto il concetto di “Verità”, a seguire quelli di “Giustizia”, “Libertà”, “Etica”,
“Morale”, “Politica” e di tutte le loro implicazioni più rilevanti
riscontrabili sia a livello individuale e personale sia su quello
istituzionale, collettivo e sociale.
Bello, forte e confortante il
fulcro sul quale si basa tutta questa elaborazione del pensiero, quello che l’Autore
definisce come il: “Principio dell’indipendenza metafisica del Valore”, il quale,
se da una parte mette al riparo dallo scetticismo morale e da una certa visione
nichilista della vita, dall’altra apre la strada a una visione laica della
teoria del Valore che evita di scomodare per forza un Dio o un qualche
principio originale che si ponga alla base delle nostre percezioni rispetto a ciò
che è intrinsecamente “giusto”.
Mi è apparso anche fondamentale
ed elegante l’enunciazione del principio di “Responsabilità” declinato nell’opera.
Secondo Dworkin, posto che in ogni forma di rapporto sociale non è dato
aspettarsi fra diversi soggetti un accordo completo riguardo alle difformi interpretazioni
che ognuno può elaborare riguardo alla definizione dei concetti che compongono
la teoria del Valore (giustizia, libertà, democrazia, etica, morale, ecc.), serve
una teoria della responsabilità morale che abbia una forza sufficiente per
affermare almeno quanto segue:
- “Non siamo d’accordo, ma riconosco l’integrità
delle tue argomentazioni. Riconosco la tua responsabilità morale”.
Oppure:
-
“Siamo d’accordo, ma nel formare la tua opinione
non sei stato responsabile. E’ solo un caso che entrambi si concordi riguardo a
questo concetto”.
In sintesi, la teoria del Valore
richiede l’elaborazione personale di una teoria della responsabilità morale che
permetta a ogni individuo la creazione di una rete di concetti interpretativi
rispetto alle rispettive intime credenze riguardanti i diversi aspetti del
Valore. Tale intreccio deve servire al soggetto che l’ha predisposto nel corso
del tempo come un filtro per prendere decisioni in campo etico e morale. Una
tale trama non ha necessità di reggersi su un principio originario e metafisico
(che comunque non viene necessariamente negato!) ma sull’interdipendenza di
tutte le sue componenti. Il filtro dipende
dalla nostra vita, dalle nostre esperienze e dalle nostre caratteristiche personali
ed è quindi il prodotto, della “storia” soggettiva e personale e della costante
tensione evolutiva apportata dall’esperienza e dal rapporto intrattenuto con
gli altri soggetti.
Non ho nient’altro da aggiungere sennonché
ho trovato questo libro veramente molto bello oltre che ben argomentato.
Rispetto a moltissimi aspetti mi trovo completamente d’accordo con l’Autore e trovo
la teoria del Valore moderna, razionale e persino consolatoria nonché in linea
con quella che potrei definire come “teoria del perfezionamento” alla quale non
solo credo fermamente, ma alla quale spero anche di riuscire ad applicarmi.
Iscriviti a:
Post (Atom)