lunedì 15 novembre 2010

Recensione: Collasso - come le società scelgono di morire o vivere

“Collasso – come le società scelgono di morire o vivere”, di Jared Diamond, edizioni Einaudi, ISBN 978-88-06-18642-5. Il libro è dello stesso autore di “Armi, acciaio e malattie” e ne costituisce in un certo senso il complemento; mentre, infatti, il primo parla delle ragioni che favoriscono lo sviluppo della civiltà, “Collasso” indaga sulle ragioni che possono metterla in crisi. Le ragioni delle crisi sono ovviamente complesse, ma in estrema sintesi dipendono da un intreccio di cause delle quali solo una minima parte risultano non controllabili. Il libro quindi cerca di dimostrare, e secondo me lo fa in maniera convincente, come il successo o l’insuccesso di molte delle nostre società sia strettamente correlato alla relativa capacità non solo di conformarsi all’ambiente, ma soprattutto di saperlo gestire e conservare nel corso del tempo. Il chiaro messaggio dell’autore è che questa capacità di garantire la sostenibilità da sempre dipende dalla presa di coscienza sia dei singoli individui, ma soprattutto delle elite dominanti, riguardo alla necessità di gestione e dalla comprensione dell’evoluzione delle proprie problematiche “ambientali”. Il termine non si riferisce solo alla capacità di mantenere e di non compromettere la produttività di un certo territorio in un arco temporale di lungo periodo e rispetto ad una popolazione potenzialmente in crescita, ma tiene anche conto delle opportunità e dei pericoli derivanti dall’instaurarsi di relazioni più o meno amichevoli con altre comunità umane con le quali si entra in contatto. Ecco quindi che attraverso lo studio dei successi e degli insuccessi di collettività aventi caratteristiche di partenza simili, ma esiti completamente diversi, si possano trarre utili insegnamenti sulle ragioni che hanno portato tali società al collasso oppure al raggiungimento di un equilibrio sostenibile. L’elenco dei successi e dei fallimenti è lungo, e gli esempi, in parte noti sono classificati in base ai presumibili diversi fattori che sono intervenuti a determinarne il successo o la caduta. L’autore si sofferma sull’analisi delle popolazioni polinesiane dell’isola di Pasqua, di Mangareva, di Pitcairn, delle isole Henderson e di Tikopia, delle comunità vichinghe dell’Islanda, delle Orcadi, e della Groenlandia, degli antichi Maya, degli Anasazi e degli Zuni dell’America Settentrionale, per passare ad illustrare casi più recenti, cercando di spiegare i successi giapponesi e neo-guineiani nel controllo del proprio territorio, il genocidio del Ruanda, la diversa evoluzione di Haiti e Santo Domingo ed illustrando alcuni fattori di criticità dell’ambiente australiano o della società cinese. Il messaggio centrale dell’autore è duplice, egli prevede l’insostenibilità dell’attuale modello di sviluppo oramai per altro globalizzato, ma finisce con un messaggio di ottimismo; il genere umano ha le capacità di contrastare il progressivo deterioramento dell’ambiente e per sfuggire all’incubo malthusiano, purché si acquisisca consapevolezza, è si cominci a gestire attivamente il cambiamento verso un modello di sviluppo sostenibile, tramite scelte ponderate, illuminate e lungimiranti.

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