mercoledì 7 aprile 2010

SULLA POLITICA

Da anni ritengo che la situazione politica sia in corso di degenerazione o quanto meno risulti in una fase stagnante. Come probabilmente molti altri cittadini non mi sento pienamente rappresentato da nessuno dei partiti politici disponibili, pertanto, da anni partecipo alle elezioni “tappandomi il naso” o comunque seguendo una logica antagonista rispetto ad una finalizzata alla costruzione ed al perseguimento di un programma politico. Stufo di questa situazione ho cominciato a cercare di trovarne le ragioni di ciò, cominciando a svilupparle qui di seguito:

IL SISTEMA ELETTORALE
Penso che l’attuale sistema maggioritario non sia in linea con le esigenze, la tradizione e la cultura degli italiani che a mio avviso, difficilmente possono essere adeguatamente rappresentati da una offerta politica troppo polarizzata intorno a pochi partiti principali. La necessità fisiologica di incamerare il massimo dei consensi, tenda a livellare la vita politica e culturale ed a marginalizzare non solo le componenti più estremiste, ma anche quelle più vitali ed innovative. L’attuale sistema politico tende poi a richiamare l’attenzione intorno a figure forti o comunque carismatica accentuando una certa tendenza al cesarismo ed al populismo. Anche quello che viene considerato come il massimo beneficio di questa impostazione, ovvero la cosiddetta governabilità, non è affatto auspicabile nel momento in cui il programma politico, per essere accettato da una maggioranza confluita artificiosamente sotto un’unica ideologia massificata e pertanto forzatamente annacquata, debba perdere originalità e ogni reale capacità innovativa rimanendo ostaggio delle influenze delle correnti o di forze esterne come ad esempio quella della Chiesa, capace di influenzare una sostanziale parte dell’elettorato collocatosi trasversalmente in entrambe le compagini elettorali. Quest’ultima, ad esempio, potrebbe essere una delle chiavi di lettura per spiegare il cronico ritardo nell’affrontare serie riforme attinenti la sfera etica e sociale quali ad esempio: il testamento biologico, le riforme sul diritto di famiglia legate ai temi delle unioni di fatto e fra omosessuali, le norme riguardanti i limiti da porre alla ricerca scientifica e legate allo studio del genoma umano oppure relative alla revisione delle procedure e limitazioni riguardanti la fecondazione assistita. E’ quindi vero che I governi della cosiddetta seconda repubblica si sono dimostrati mediamente più longevi di quelli litigiosi ed effimeri del periodo antecedente, ma nel contempo non sono stati in grado di eguagliarli nella capacità di ricerca del necessario consenso fra forze politiche apparentemente antagoniste e finalizzato alla necessità di effettuare le riforme. Non a caso, in un periodo storico apparentemente caratterizzato da un monopolio di partiti conservatori di ispirazione cattolica e sostenuti da forze appartenenti al fronte laico moderato sono stati affrontati temi rilevanti ed in alcuni casi di forte impatto sociale, etico ed emotivo quali lo Statuto dei lavoratori, l’aborto e il divorzio. Questi risultati appaiono ancora più rilevanti nel momento in cui ci si soffermi a valutare il particolare contesto storico nel quale sono stati conseguiti, caratterizzato da tensioni politiche derivanti dalle conseguenze della Seconda Guerra Mondiale, dal confronto fra il blocco Occidentale e quello Sovietico, dalla necessità di gestire un rapido sviluppo economico geograficamente asimmetrico e caratterizzato da una forte dinamica migratoria tale da modificare completamente il quadro urbano, comunque intervallato da periodi di crisi, da rilevanti cambiamenti nei costumi, dalla necessità di affrontare i rilevantissimi cambiamenti sociali e la minaccia terroristica. Il sistema precedente non era il bengodi ovviamente, tanto che è collassato sotto il peso degli scandali e della lottizzazione politica, ma anche riguardo a questi difetti il nuovo ordinamento non sembra aver apportato miglioramenti sostanziali.
Personalmente propendo quindi per un ritorno al proporzionale con la possibilità di esprimere una o più preferenze. Infatti, guardando alla nostra esperienza democratica mi sembra che in fondo la nostra propensione all’individualismo, al particolarismo, alla frammentazione e se vogliamo alla faziosità ed al clientelismo risulti più innocua e possa persino essere genuinamente costruttiva se posta esplicitamente sotto gli occhi di tutti invece di trasparire dal gioco di correnti male assortite costrette a scorrere per convenienza in uno stesso alveo. Questo sarebbe un modo per facilitare la ricerca individuale di un partito, di una setta o di un movimento che meglio rappresenti i nostri ideali ed anche i nostri interessi materiali, per contrastare il progressivo allontanamento dei cittadini dalla vita politica ed inoltre per favorirne l’accesso. Ritengo probabile che un tale ritorno al passato si tradurrebbe in una maggiore chiarezza riguardo all’ideologia, ai fini ed ai programmi elettorali dei singoli partiti. Queste caratteristiche renderebbero sicuramente ardua la concertazione di una maggioranza e i governi sarebbero presumibilmente caratterizzati da una fragilità intrinseca messa alla prova anche su singoli provvedimenti legislativi, ma questo è esattamente quello che ricerco ed auspico, ovvero che si ritorni tenacemente a discutere, trattare e persino a litigare su singoli aspetti alla ricerca di un equilibrio condiviso e per il bene di tutti.

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