"L’arte di non essere governati – Una storia anarchica degli altopiani
del Sud-est asiatico”; di James C. Scott; titolo originale: “The Art of Not
Being Governed. An Anarchist History of Upland Southeast Asia”; Traduzione di
Maddalena Ferrara; edizioni Einaudi, Isbn 978-88-06-24469-9.
L’area di cui si parla è stata definita dallo storico olandese Willem van
Schendel “Zomia”, sulla base di un termine diffuso in parecchi dialetti locali
che significa “abitante degli altopiani”. Geograficamente si tratta di una
vasta area collinare e montuosa che si estende fra India Nord-orientale,
Birmania-Myanmar e penisola indocinese, qui comprendendo ampie zone di Vietnam,
Laos e Thailandia. Questa vasta zona, da sempre costituisce un’area di rifugio
per tutte quelle etnie e parte delle popolazioni che tende a sottrarsi al
controllo centralizzato che emana tradizionalmente dalle zone di pianure, aree
che invece, da millenni sono amministrate da regimi centralizzati.
L’Autore si addentra sull'analisi delle differenze economiche, culturali e
sociali che caratterizzano i due modelli contrapposti eppure, in parte, anche
porosi e sinergici; l’uno basato storicamente sull'agricoltura risicola
intensiva e su modelli sociali gerarchizzati, l’altro caratterizzato più sulla
diversificazione delle culture e dall'agricoltura itinerante e, politicamente,
più frammentato ma socialmente più egualitario.
L’Autore critica anche una percezione culturale diffusa che è spesso
caratterizzata da una visione semplicistica dei due diversi modelli e che, in
termini generali, definisce le società strutturate delle pianure come “civili”
contrapponendole alle popolazioni degli altopiani etichettate come “selvagge”.
La definizione di “civiltà” risulta spesso fuorviante ed ambigua in questi casi
e, soprattutto, la Storia ufficiale solitamente tende a privilegiare e ad
emanare il punto di vista delle società strutturate che, attraverso l’uso della
scrittura lasciano maggiori tracce di sé e che, in virtù del loro peso
demografico, tendono ad assumere il controllo delle aree periferiche attraverso
un processo che non si può che definire “imperialista”.
In sintesi, Saggio interessante nelle premesse e nelle argomentazioni ma
che finisce per essere spesso inutilmente ripetitivo.