venerdì 7 febbraio 2025

Recensione: C’era una volta Gaza – Vita e morte del popolo palestinese

 

"C’era una volta Gaza – Vita e morte del popolo palestinese”, di Valerio Nicolosi; edizioni Rizzoli; Isbn 978-88-17-19019-0.

L’Autore descrive attraverso le sue esperienze dirette la situazione di Gaza, Cisgiordania, Gerusalemme Est e Libano dando visione delle indubbie ragioni che sussistono di parte del popolo palestinese.

Il quadro che ne esce è tanto tragico quanto ovvio e riporta la situazione di distruzione e privazione dei diritti che caratterizza queste aree.

Chiaramente il resoconto è toccante ed è l’ennesima dimostrazione di come sia difficile individuare una soluzione soddisfacente per addivenire ad una soluzione equa e bilanciata che metta d’accordo le istanze di sicurezza e il diritto di sopravvivenza dello Stato d’Israele con quelle altrettanto valide del popolo palestinese.

A titolo personale ritengo che gli Accordi di Oslo costituissero una buona base di partenza per intraprendere il difficile cammino verso la pace e la convivenza, essi però hanno lasciato non pochi punti irrisolti (Es.: confini; questione dei coloni; limiti, estensione e autonomia dell’autorità politica palestinese; ecc.) e non sembra che esista una vera volontà politica internazionale e delle parti in causa per permetterne un’attuazione sostanziale degli stessi ed un’evoluzione degli accordi che faccia migliorare la situazione.

Quello che a me sembra chiaro è che la situazione non migliorerà senza un intervento esterno più incisivo che, sostanzialmente, obblighi le parti ad intraprendere un percorso di riappacificazione “sotto tutela” che sarebbe necessariamente lungo.

In questo momento, invece, prevale la “legge del più forte” e, la cattiva notizia per il popolo palestinese è che il più forte è indubbiamente lo Stato d’Israele.

martedì 4 febbraio 2025

MAGA, MEGA e ...!

... FIGA!

 Il mio collega Guido Montagnani (spero che non si offenda nel vedersi tirato in ballo!) merita a mio avviso di essere citato per la dimostrazione di creatività.

Guido è a mio vedere un milanese doc, di quelli, ormai forse un po' rari,  che rappresentano il lato colto, piacevole, profondo e per questo spesso inatteso di questa città che, non troppo nascostamente, noi torinesi invidiamo.

Siamo a Milano, questo è importante dirlo, perché ai milanesi,  contrariamente a noi "trans-ticinici", l'uso della parola "f**a" come intercalare viene spesso naturale.

In una rapida pausa pranzo, appunto "alla milanese",  dove in pochi minuti si parla a mitraglia mescolando il faceto a molti temi "seri", si finisce spesso per cercare di salvare l'Italia (rimaniamo un popolo di allenatori mancati!), nel nostro caso ci accingevamo anche a salvare l'Europa e soprattutto la "sinistra" dalla deriva destrorsa a cui siamo (ci hanno) condannati.

Si toccano temi importanti: il declino industriale, il clima bellicista, le sanzioni nell'aria, gli effetti della cultura woke, il tema dei migranti ... e infine si arriva agli slogan:
Parto io: "certo che Munsk con il suo MEGA (Make Europe great again) l'ha pensata giusta e suona anche meglio del Trumpiano MAGA (Make America great again)!".

Risponde lui: "Vuoi mettere però FIGA (Facciamo l'Italia grande ancora)!".

... un nanosecondo di silenzio per assimilare lo slogan e poi giù grosse, triviali, gender scorrect risate italiche!!!

... un retropensiero ... con questo slogan Vannacci "spaccherebbe"!

domenica 19 gennaio 2025

Recensione: Grazie Occidente!

 

"Grazie Occidente!”; di Federico Rampini; edizioni Mondadori; Isbn 978-88-04-77645-1.

Un Saggio che arriva come una ventata di aria fresca a spazzare depressione, sensi di colpa e masochismo in cui sembra crogiolarsi una parte della nostra opinione pubblica (soprattutto di sinistra!) e restituisce la consapevolezza di quanto bene abbiamo fatto a questo Mondo senza negare, dall’altra parte, le nostre tante mancanze e malefatte.

Beh! Nessuno è perfetto e neanche la società Occidentale lo è, di questo, dovremmo esserne certi; forse però potremmo quasi affermare di essere i “meno peggio” e forse, ci dimentichiamo ormai troppo spesso di quanto invece le altre civiltà ci debbano sia sul piano del progresso culturale, sociale e tecnologico; soprattutto, ci dimentichiamo che la bilancia fra bene e male pende a nostro favore e sarebbe proprio il caso di rivendicare tale bilancio con orgoglio.

Per chi è preso dal dubbio che siamo condannati alla decadenza e all’espiazione in quanto soprattutto rei di chissà quale nefandezza e torto verso chicchessia, la lettura può perfettamente prestarsi per un salutare ripasso e come terapia antidepressiva; poi ognuno può continuare a pensarla come vuole.

Personalmente non avevo bisogno dell’eccellente riassunto dei nostri meriti e neppure della saggia elencazione dei nostri problemi e delle nostre derive (il libro mi è stato infatti regalato), purtuttavia l’ho letto volentieri e sono lieto di raccomandarne a tutti la lettura.

Bravo Rampini!

giovedì 7 novembre 2024

TRUMP vs HARRIS LOGICA E RAGIONI DI UNO SPOSTAMENTO A DESTRA

 

Sui quotidiani fioccano le analisi sul risultato delle elezioni americane; la mia sensazione è che queste “analisi” riflettano scenari obbiettivamente scontati che non sorprendono più nessuno, esattamente come non dovrebbe stupire l’evidente spostamento a destra dell’elettorato.

Ci si continua a chiedere: perché succede? Perché succede negli USA? Ma anche, e prima che laggiù, perché succede anche nella maggior parte dell’Occidente democratico?

Il discorso è trito e le ragioni sono, a parer mio, evidenti e già varie volte elencate. In generale possiamo parlare di crisi dell’Occidente e del nostro modello sociale e democratico, se però scorressimo un elenco puntuale di ragioni più esplicite, questo sarebbe molto lungo, assai concreto ed anche, nei dettagli, sostanzialmente un po’ contraddittorio (nel senso che ci si lamenta di tutto e del suo contrario!). Anche   quello che posso produrre io qui sotto non sarebbe per nulla omnicomprensivo; per esempio, anche facendo un elenco “alla rinfusa”, viene subito in mente:

  •  Situazione economica (inflazione, scarso sviluppo, polarizzazione dei redditi, bassi salari, carenza abitativa di qualità e costi accessibili …).
  • Sperequazione fiscale (leggetevi ad esempio l’analisi del “Corriere” sulle percentuali dei contribuenti in Italia e sulle fasce di reddito che effettivamente sono chiamate a coprire il nostro fabbisogno!).
  • Emigrazione (… e nessi “percepiti” con la criminalità).
  • Criminalità (… e nessi “percepiti” con l’emigrazione).
  • Pensioni, asimmetria demografica, polarizzazione “anagrafica” della ricchezza.
  • Crisi del sistema sanitario, scolastico e/o di welfare.
  • Ideologia “Woke” (percepita da molti, quanto meno come “poco intuitiva”, e dai più come una “grossa e inutile rottura di c*****i della quale si può fare anche a meno!).
  • Burocrazia (… soprattutto europea) percepita come inutile, farraginosa, ingombrante, saccente, clientelare, ma soprattutto costosa e per giunta arrogante.
  •  Sistemi politici e modelli elettorali niente affatto “democratici” (uninominale, mancanza di preferenze, mancanza di selezione della base politica, …).
  •  Ecc., ecc., ecc., ecc., ecc., ecc., …

Può la destra risolvere tutti questi problemi?

Presumibilmente no (e la sinistra invece? … qui sta il punto, per l’elettore)!  La maggior parte degli elettori sono stanchi, disillusi ed arrabbiati e la destra ha almeno il “merito” (fra virgolette, appunto!) di essere populista parlando alla pancia della gente spesso fornendo soluzioni semplici a problemi difficili (il che ovviamente difficilmente funziona! Ma chissene …) e diciamolo, magari mentendo più o meno consciamente. La sinistra però, ormai de fatto è troppo “intellettuale” (e saccente), o quantomeno è percepita come tale; si è dimostrata poi gestionalmente altrettanto incapace della destra e, ha pure perso il suo primato (supposto) in termini di onestà; in sintesi, viene ritenuta una “casta” totalmente scollata dalla realtà. Dialetticamente poi non è manco più in grado di mentire/millantare/promettere alcunché come invece era capacissima di fare in passato quando prometteva il “bel sol dell’avvenire” (che ancora aspettiamo 😊) e quando era sì lei la corrente “popolare” e, diciamolo, populista del mazzo. Diciamolo, ormai risulta in sintesi “antipatica” e snob.

In ultima analisi, è abbastanza chiaro a tutti (in fondo anche noi elettori non siamo del tutto stupidi!) che i problemi veri non li risolverà né la destra né la sinistra, ed il vero problema è che essi rimangono lì! Nel frattempo, si vivacchia alla giornata facendo ed ascoltando qualche chiacchiera da bar e porgendo orecchio al canto delle sirene … e la destra vince perché almeno si dimostra “omeopatica” e capace di fornire all’elettore un temporaneo effetto placebo; la sinistra è invece ormai troppo “elitaria” e manco quello sa più fare!

domenica 8 settembre 2024

Recensione: Naufragio

 "Naufragio”; titolo originale: “Naufrage”; di Vincent Delecroix, traduzione di Fabrizio Di Majo; edizioni Clicy; Isbn 9791255510932.

Il romanzo si ispira ad una storia vera avvenuta nel canale della Manica nel 2021; detto ciò, possono notarsi somiglianze con altri fatti simili; ad esempio, sarà un caso, ma l’immagine di copertina è la stessa che in molti quotidiani ha accompagnato la cronaca degli eventi legati al naufragio di Cutro avvenuto lungo le coste italiane nel febbraio del 2023.

In due parole quindi, una tragedia “ordinaria” di migranti affogati nel tentativo di raggiungere l’Europa; finiti male (e anche questo non è poi così raro!) per il ritardo dei soccorsi dovuto non solo al rimpallo fra capitanerie di porto (in questo caso, francesi e inglesi) ma anche, in questo caso, in ragione della leggerezza/stanchezza di un operatore, che, infatti, verrà indagato per appurare un eventuale suo comportamento omissivo.

La parte preponderante ed iniziale del romanzo descrive, durante l’interrogatorio condotto da un ufficiale di marina, i pensieri dell’operatore chiamato a rispondere del mancato invio dei soccorsi. In una parte successiva, viene invece descritta la situazione, progressivamente sempre più critica, dal punto di vista dei migranti (e questa, penso, non è difficile da immaginare!).

Che dire quindi? A basarsi sulle informazioni di copertina mi sarei aspettato chissà quale capolavoro e invece, un po’ mi vergogno a scriverlo, ho trovato la parte introspettiva, ovvero quella che doveva spiegare al lettore le ragioni se non le giustificazioni del protagonista, assai noiosa, logicamente e razionalmente incomprensibile e, in sintesi, francamente strampalata. Più precisamente, nessuna risposta alla domanda: “Perché non hai inviato i soccorsi?” … nessuna ragione intellegibile, nessun piano malvagio, solo pensieri confusi!

Conclusione? Boh, forse la marina francese dovrebbe migliorare i suoi criteri di selezione e test psicoattitudinali ….

giovedì 22 agosto 2024

Recensione: C'è del marcio in Occidente

 "C’è del marcio in occidente”; di Piergiorgio Odifreddi; edizioni Raffaello Cortina; Isbn 978-88-3285-665-1.

Lo stile dell’Autore è graffiante fin dall’inizio (e come suo solito!), pertanto bisogna resistere alla tentazione di gettare via il libro dopo le prime decine di pagine perché sembra la solita tiritera del quanto siamo cattivi noi “occidentali” e di come siamo responsabili di (quasi) tutto il male di questo pianeta. In sintesi, basandosi sull'incipit, il Saggio sembrerebbe scritto da un non-occidentale che rinvanga i mali dei nostri tris/bis nonni… E chissenefrega!

Ma le cose non stanno così ….

Superata la prima parte, per altro abbastanza sintetica quanto l’enunciazione di un teorema, nonché la conseguente fase di irritazione, comincia da parte dell’Autore la dimostrazione logico-matematica (qui il retroterra del mestiere di matematico si fa inesorabilmente sentire!) delle sue argomentazioni.

Eh, che dire! Alla fine, diventa un po’ difficile dargli torto perché le sue tesi sono ben argomentate e altrettanto estensivamente documentate. In particolare, mentre viene abbastanza facile scaricarci la coscienza dalle responsabilità degli avi che, ebbene sì, in effetti erano un tantino aggressivi, avidi, razzisti e avvezzi ad una cultura mercantilistica di predazione, ma scusabili in quanto un po’ “ignorantelli” (… e poi diciamolo, in passato nessuna cultura si faceva mancare nulla in merito alla violenza!), adesso, che ci sentiamo purgati dai nostri peggiori istinti aggressivi e cresciuti sul piano culturale dopo la dura lezione di due guerre mondiali, a detta dell’Autore, sotto sotto, non abbiamo mica tanto abbandonato la nostra visione di superiorità verso le altre culture, ma semmai, abbiamo vestito molti nostri atti aggressivi o omissivi di una ideologia buonista che sa un po’ di opportunismo, molto menefreghismo e altrettanto cinismo.

Alla fine, seppure un po’ a malincuore, consiglio caldamente la lettura di questo Saggio, sicuramente provocatorio, ma che fa riflettere!

Forse, infatti, non siamo così cattivi come ci descrive l’Autore, ma sicuramente possiamo fare meglio ….

mercoledì 21 agosto 2024

Recensione: Gaza - odio e amore per Israele

 

"Gaza – Odio e amore per Israele”; di Gad Lerner; edizioni Feltrinelli; Isbn 978-88-07-17450-6.

L’Autore, noto giornalista, ebreo nato a Beirut (1954) da una famiglia di origini israeliane e trasferitosi a Milano fin da bambino e proprio il soggetto giusto per descrivere la molteplicità delle emozioni, spesso fra loro contraddittorie, che scatena negli osservatori l’attuale situazione di guerra a Gaza.

Egli, in particolare ci descrive la lacerazione che tali fatti stanno producendo nelle comunità ebraiche all'estero e nella stessa società israeliana, non nascondendo le critiche per una risposta bellica inizialmente giustificabile ma ora giudicata eccessiva da ogni soggetto che si ponga in un’ottica il più possibile imparziale.

Il Saggio però si sofferma anche ad analizzare più profondamente l’evoluzione della società israeliana giudicata, almeno per la sua parte destrorsa, sempre più radicale, nazionalista e fanatica nonché manifestazione di una natura e mentalità del tutto contrapposta all'attitudine, che l’Autore descrive come “il filone ebraico della tolleranza” (citando così il pensiero di Primo Levi), che spesso ha caratterizzato gran parte dei soggetti della diaspora e che si trova agli antipodi rispetto a quei soggetti che continuano invece a promuovere soluzioni violente.