"Perché Taiwan conta – breve storia di una piccola isola che decide il nostro futuro”; titolo originale: “The Taiwan Story – How a Small Island Will Dictate the Global Future”; di Kerry Brown; traduzione di Maria Lorenza Chiesara; edizioni Einaudi; Isbn 978-88-06-26465-9.
Taiwan è spesso
all’onore delle cronache; quasi sempre, in relazione al suo ruolo di potenziale
detonatore di un conflitto globale che contrapponga Cina e Stati Uniti. Anche i
recenti fatti di cronaca che riportano una crescita di tensione fra Cina e
Giappone hanno proprio come causa scatenante le affermazioni della premier
giapponese rispetto a possibili minacce cinesi all’integrità territoriale della
piccola isola; niente di nuovo!
In questo breve ed
intelligente saggio l’Autore ci guida in un percorso di migliore comprensione
della questione, spiegando efficacemente come il ruolo di Taiwan sia
effettivamente delicato stante le caratteristiche culturali ed economiche
dell’isola e sulla base della sua storia antica e recente.
Ad esempio, ha
effettivamente ragione chi afferma che Taiwan sia (prevalentemente) “cinese” in
senso storico e culturale, ma al contempo, tali affermazioni non devono far
dimenticare né i tanti elementi di differenziazione storici, culturali, sociali
e politici dell’isola rispetto alla Cina continentale, né la crescente
consapevolezza della popolazione che, soprattutto fra le nuove generazioni,
preme per rimarcare le differenze fra il proprio modo di vivere e di pensare e
quello che caratterizza il “parente” vicino.
In sintesi, Taiwan
sembra vivere in un dualismo che, da una parte riconosce la vicinanza e
l’attrazione con la Cina continentale, dall’altro, all’opposto, ne sottolinea i
distinguo ed enfatizza la sua volontà di indipendenza.
Proprio sul tema
dell’indipendenza si gioca un ruolo estremamente ambiguo e delicato; da una
parte, buona parte dei taiwanesi la ricercherebbe, ma non al prezzo di una
rottura dolorosa con il continente e, soprattutto, non al costo di tensioni
geopolitiche capaci di scatenare violente fasi di attrito o, peggio ancora, un
conflitto armato. Per questo motivo la politica taiwanese è cauta, tutta
incentrata sul controllo degli eccessi mediatici e basata sul suo “soft power”,
legato a doppio filo sulle sue eccellenze tecnologiche; spesso, per nulla grata
a tutti quei soggetti terzi e alieni alla sua cultura che si ergono a paladini
della sua specificità e spingono per promuoverne l’indipendenza e per
conferirle un pieno riconoscimento internazionale anche al costo di produrre
una rottura del presente delicatissimo equilibrio.
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