"L’ultimo
samurai”; titolo originale: “The Last Samurai”; di Helen Dewitt; traduzione di
Elena Dal Pra; edizioni Einaudi; Isbn 978-88-06-26707-0.
La storia ruota intorno
al rapporto fra un figlio (Ludo) intellettualmente superdotato e la madre
single (Sybilla), anch’essa “fuori scala” sul piano culturale ma incatenata ad
un lavoro di traduttrice di basso livello e in ristrettezze economiche.
Sybilla, non manda il
figlio a scuola e, un po’ sul modello di Adam Smith, gli impartisce, fin dai
primi anni di età un’educazione classica impressionante introducendole alla
conoscenza di greco antico, ebraico, arabo, antico norreno, ecc., ecc. non
trascurando neppure i classici della scienza.
Sybilla nasconde a Ludo
l’identità paterna e continua a guardare ossessivamente il film di Akira Kurosawa
i “Sette Samurai” che, a parer suo, dovrebbe (anche) fornire al figlio un
modello maschile al quale ispirarsi.
Intorno agli 11 anni
Ludo si mette alla ricerca del padre in una specie di cerca cavalleresca,
mettendo via via alla prova diversi candidati con sfide intellettuali che riproducono
gli scontri (fisici) fra samurai.
Che dire di questo
libro?
Come minimo posso dire
che si tratta di un’opera “difficile”, almeno per la mente limitata del
sottoscritto e, suppongo, a causa della mancanza di studi classici alle spalle.
Ho fatto fatica a
leggerlo (anche perché infarcito di parti in lingue a me sconosciute che mi
sforzavo di leggere anche sapendo che nel contesto erano irrilevanti!) ma con
ciò non sto affatto dicendo che non sia un libro interessante o che sia noioso,
anzi, mi spingerei a dire persino che si tratta di un libro “geniale”! … Probabilmente
superiore alle mie capacità, non fosse per il fatto che non ne ho capito il
senso né il finale!
Beh, mi consolo pensando
che, io di solito leggo saggistica, questo tipo di lettura risulta di solito
chiara e, alla peggio, un po’ noiosa; di solito, se leggo un romanzo è per
leggere qualcosa di “leggero”, e questo non lo è!
Devo ammettere però che non mi sono pentito di averlo letto, rimango solo deluso da me stesso per non averci capito un’”acca”!