mercoledì 15 ottobre 2025

Recensione: "L’ultimo samurai"

 "L’ultimo samurai”; titolo originale: “The Last Samurai”; di Helen Dewitt; traduzione di Elena Dal Pra; edizioni Einaudi; Isbn 978-88-06-26707-0.

La storia ruota intorno al rapporto fra un figlio (Ludo) intellettualmente superdotato e la madre single (Sybilla), anch’essa “fuori scala” sul piano culturale ma incatenata ad un lavoro di traduttrice di basso livello e in ristrettezze economiche.

Sybilla, non manda il figlio a scuola e, un po’ sul modello di Adam Smith, gli impartisce, fin dai primi anni di età un’educazione classica impressionante introducendole alla conoscenza di greco antico, ebraico, arabo, antico norreno, ecc., ecc. non trascurando neppure i classici della scienza.

Sybilla nasconde a Ludo l’identità paterna e continua a guardare ossessivamente il film di Akira Kurosawa i “Sette Samurai” che, a parer suo, dovrebbe (anche) fornire al figlio un modello maschile al quale ispirarsi.

Intorno agli 11 anni Ludo si mette alla ricerca del padre in una specie di cerca cavalleresca, mettendo via via alla prova diversi candidati con sfide intellettuali che riproducono gli scontri (fisici) fra samurai.

Che dire di questo libro?

Come minimo posso dire che si tratta di un’opera “difficile”, almeno per la mente limitata del sottoscritto e, suppongo, a causa della mancanza di studi classici alle spalle.

Ho fatto fatica a leggerlo (anche perché infarcito di parti in lingue a me sconosciute che mi sforzavo di leggere anche sapendo che nel contesto erano irrilevanti!) ma con ciò non sto affatto dicendo che non sia un libro interessante o che sia noioso, anzi, mi spingerei a dire persino che si tratta di un libro “geniale”! … Probabilmente superiore alle mie capacità, non fosse per il fatto che non ne ho capito il senso né il finale!

Beh, mi consolo pensando che, io di solito leggo saggistica, questo tipo di lettura risulta di solito chiara e, alla peggio, un po’ noiosa; di solito, se leggo un romanzo è per leggere qualcosa di “leggero”, e questo non lo è!

Devo ammettere però che non mi sono pentito di averlo letto, rimango solo deluso da me stesso per non averci capito un’”acca”!